Le nuove disposizioni sul Green Pass per i Rifugi creano non pochi dubbi e confusione tra gli escursionisti e tra gli stessi gestori dei presidi alpini. Che cosa prevedono?
- per il pernotto o la mezza/completa pensione non è richiesto il Green pass;
- è invece necessario per chi consuma SOLO pasti all'interno del rifugio;
Fin qui sembrerebbe tutto chiaro. Ma c'è una parte della norma che sta generando non poca confusione. Ho la mezza pensione (per esempio il pranzo) con pernotto. Non ho il green pass e decido di mangiare all'interno perché fuori fa freddo. Arriva un escursionista che ha il green pass e vuole e può, quindi, mangiare all'interno del rifugio.
Il gestore, non potendo mischiare persone con green pass e persone senza, non potendo negare l'ingresso all'escursionista con green pass che vuole solo mangiare, è costretto a chiederlo anche a chi ha la prenotazione per la mezza pensione, permessa anche senza il green pass. Un cortocircuito che costringerebbe chi ha prenotato pasto e pernotto, in caso di escursionisti muniti di green pass all'interno del locale, a mangiare all'esterno in quanto sprovvisto dell'attestazione di doppia vaccinazione avvenuta, che non aveva impedito la prenotazione.
"E’ chiaro come questa scelta limiti, per ovvie ragioni (dal meteo alla quota), l’attività di ristorazione circoscrivendola al pranzo - commenta Giacomo Benedetti ex presidente della commissione centrale rifugi del CAI ora consigliere centrale del CAI -. Diventa difficile immaginare una cena al lume di candela a quota 2640 mt., con temperature vicine allo 0 termico come al Rifugio Quintino Sella!. Le disposizioni che rendono liberi dall’esibizione del green pass gli avventori dei Rifugi che utilizzano la struttura per pernottare e cenare in mezza pensione vengono azzerate se, contestualmente, vengono somministrati pasti a clienti che non usufruiscono del pernottamento. In questo caso tutti i clienti, compresi quelli che dormono, debbono essere muniti di green pass. E’ proprio questa disposizione, arrivata all’ultimo momento - incalza Benedetti- che ha messo in crisi le varie strutture. Si cerca di trovare delle soluzioni per salvare una stagione già parzialmente compromessa dal cattivo tempo e dalla crisi economica e sicuramente l’obbligo del green pass non agevola l’afflusso dall’estero. In molti paesi questo documento non è ancora richiesto e disponibile, pertanto i cittadini ne sono sprovvisti".
In questo anno e mezzo di pandemia i gestori dei presidi alpini hanno dovuto affrontare il problema ripianificando l’attività e, spesso, compiendo scelte onerose ed antieconomiche.
Con queste ultime direttive in tema di green pass, sono molti i rifugisti che hanno deciso di rinunciare al servizio di ristorazione non legato al pernottamento. Altri, invece, hanno scelto di somministrare i pasti agli escursionisti/alpinisti occasionali solamente all’esterno, riorganizzando e ampliando le aree esterne oppure somministrando in take away. Alcuni si sono dotati di lettore QRcode e, allestendo zone adeguatamente isolate, riescono a soddisfare le due tipologie di clienti. Ma questi ultimi, avendo solitamente a disposizione esigui spazi in rifugio, sono casi più rari.
"Senza entrare nel merito dell’efficacia o meno delle norme sul green pass - conclude Benedetti - non posso negare che abbiano portato un generale scompiglio e non poche perplessità nel mondo dei Rifugi Alpini, rischiando di metterne in discussione addirittura l’essenza, condizionando pesantemente il concetto di accoglienza. Il Rifugio è luogo di accoglienza per definizione, specialmente in caso di maltempo o in presenza di emergenze; subordinarne la fruizione all’esibizione del green pass significa privare il territorio di un presidio dalle mille funzioni, non per ultima quella di primo soccorso. Credo che questa non sia stata la volontà del legislatore, ma semplicemente non abbia pensato a questo aspetto. I Rifugi non sono strutture ricettive tradizionali e, legislativamente, dovrebbero essere trattati autonomamente".