Antigorio - 25 ottobre 2021, 11:10

Nei campanacci il 'suono' dell'umanità contadina

La mostra di Crodo, allestita in occasione di 'BiancoLatte', è stata illustrata dall'esperto Giovanni Mocchi

‘’Dietro questi oggetti c’è un mondo, un’umanità, una creatività’’. Così parla Giovanni Mocchi, studioso ed autore del libro ‘’I campanacci d’Italia’’. Lo fa durante l’inaugurazione della mostra al Foro Boario di Crodo, allestita in occasione della due giornate di ‘’Biancolatte’’, tenutesi lo scorso fine settimana.

La mostra “I campanacci d’Italia. Storia, tradizioni, modelli e protagonisti” inizia a Crodo il suo percorso, poi sarà in Valle d’Aosta, in Trentino.

Un esordio, quello ossolano, che attira attenzione sul mondo dell’allevamento e dell’agricoltura anche in piccole vallate come la nostre, vallate ‘’dove ancora si respira un senso di comunità’’ , dice Mocchi, che racconta la storia dei campanacci nel corso dei secoli.

Si va dai vecchi riti, ripetuti, del campanari che suonano al cambio di stagione, quando si passa dall’inverno alla primavera, ma anche dei campanacci dell’Himalaya suonati per scacciare la malattia o quando gli Assiri li usavano per creare un muso sonoro e terrorizzare gli avversari, così come faceva Annibale dotando i suoi elefanti di rumorosi campanacci.

 

Oggi i campanacci si usano per i pascoli, racconta Mocchi: ‘’Sono indispensabili dove gli animali sono tanti – spiega – e diventa indispensabile sapere dove si trovano la bestie. Ognuna delle quali ha la sua campana. Il cui sono significa anche che c’è pericolo. In Sardegna ogni campana ha il suo suono, la campana è per l’animale come una targa’’.

 

Renato Balducci