‘La famiglia di una donna siriana, che abortì durante un rinvio in Italia nell’estate del 2014, ha presentato una richiesta di riparazione morale e di risarcimento danni, dell’ordine rispettivamente di 159.000 e 136.000 franchi. Lo ha fatto oggi in un’udienza pubblica davanti al Tribunale amministrativo federale (TAF) di San Gallo’’.
Lo scrive il Corriere del Ticino, che riporta ad una vicenda avvenuta alla stazione di Domodossola 8 anni fa. Quando marito e moglie - lei al settimo mese di gravidanza - assieme ai loro tre figli minorenni, vennero fermati alla frontiera franco-svizzera di Vallorbe mentre cercavano di raggiungere la Francia dall’Italia. Respinti vennero rispediti in Italia dove avevano inoltrato la prima richiesta d’asilo. Prima portati in bus a Briga e poi in treno a Domodossola. Ma arrivata in Vallese la donna lamentò dolori e sanguinamenti: venne comunque rimandata in Italia. A Domodossola ebbe un collasso e nonostante l’intervento della polizia di frontiera la donna ebbe un aborto spontaneo in ospedale.
Per quell’episodio la giustizia militare aveva già condannato tre guardie di confine svizzere.
Ora, però, l’avvocato della famiglia sostiene che la sua cliente ‘’soffre ancora oggi di un disturbo da stress post-traumatico e di depressione. Era stata colta da angoscia e panico negli uffici doganali di Briga’’. Da qui la richiesta di danni che però già nel gennaio 2021 era stata respinta dal Dipartimento federale delle finanze Ma la coppia ha impugnato la decisione.