Sul futuro della sanità del Vco tutto continua a tacere. Le uscite mirate e, quasi ad 'orologeria', delle ultime settimane non lasciano molto spazio ai sogni di veder sorgere un nuovo e moderno ospedale a Domodossola. Il silenzio dei protagonisti regionali non lascia certo presagire a nulla di buono. Tant'è, i cittadini ormai ci sono abituati, sono oltre 20 anni che si parla di sanità senza mai arrivare al bandolo della matassa. Ma se cusiani, ossolani e verbanesi ormai ci hanno fatto il callo, bisogna comunque sottolineare che la situazione sta raggiungendo livelli insostenibili. Se non ci saranno risposte concrete si rischia davvero grosso. Per quanto tempo il sistema terrà? Fino a quando Asl e Regione riusciranno a colmare i buchi economici e le mancanze di personale?
Abbiamo voluto chiederlo a chi per anni ha lavorato all'interno della macchina sanitaria, il dottor Renzo Bordin, il dottor Angelo Villani e il dottor Giorgio Vanni. Tre ex primari di Oculistica Neurologia e Fisiatria, tre figure ormai lontane dalla sanità pubblica, ma anche lontane dalle stanze dei bottoni della politica. La loro opinione, autorevole vogliamo sottolineare, è la stessa: “Il Vco ha bisogno di una struttura unica e moderna per salvarsi”.
“Sono arrivato a Domodossola nel 1981 e da allora si sente parlare di ospedale unico” ci racconta il dottor Renzo Bordin, stimato Oculista che per anni ha guidato la struttura dell'Asl. “Serve un ospedale unico e moderno, Piedimulera, Domodossola, Ornavasso....forse non tutti si ricordano di Gravellona Toce” ricorda l'ex primario di Oculistica. “Si Gravellona, proprio li doveva nascere l'ospedale unico, ma poi la politica si mise di traverso, e li si costruì l'Ipercoop. Quella era la soluzione migliore che avrebbe salvato la sanità. La mia non è polemica, è solo memoria storica”. “Un ospedale unico con attrezzature e macchinari adeguati sarebbe un richiamo per i medici che oggi qui non vogliono venire. In una struttura moderna si potrebbero curare i malati acuti, e i plessi vecchi dovrebbero essere trasformati in strutture a vocazione sanitaria per le lungo degenze e per gli ambulatori o in case di riposo” conclude Bordin.
Angelo Villani ha invece guidato per anni il reparto di Neurologia, oltre ad essere stato il rappresentante sindacale dei primari e proprio in quel ruolo aveva sottolineato più volte la necessità di un ospedale che funzionasse e che evitasse doppioni. “Oggi la sanità è cambiata. Anni fa per primi in Piemonte aprimmo la stroke unit, tanti reparti, non solo quello diretto da me, crescevano, ma poi tutto è cambiato. Bisognava correre nei vari ospedali sul territorio solo per coprire turni perchè le strutture dessero risposte a tutti” sottolinea Villani. “Oggi con la telemedicina la sanità è cambiata, si va verso due grandi poli sanitari, quello di Torino e quello di Novara, se 20 anni fa avessimo proseguito sulla strada progettata da Veronesi oggi avremmo una struttura attrattiva, ma ormai è tardi, i buoi sono scappati” continua sottolineando la problematica della carenza di personale. “La mancanza di medici e l'arrivo dei gettonisti mette in difficoltà i reparti, ma anche gli utenti che trovano difficoltà ad essere presi in carico”. “Oggi ci vuole coraggio, noi lo abbiamo sempre detto, non si possono rabberciare gli ospedali attuali, non sarebbero attrattivi, continuerebbe a mancare la continuità e continuerebbero le difficoltà di presa in carico dei pazienti, dovendo i medici passare l'80/90% del loro tempo a coprire turni” conclude Villani.
Giorgio Vanni per 21 anni è stato anche vice presidente dell'Ordine dei Medici del Vco: “Con il presidente, il dottor Passerini, abbiamo sempre sottolineato la necessità di un ospedale nuovo, moderno e tecnologicamente avanzato” sottolinea Vanni.
Un ospedale al passo con i tempi, non delle strutture con delle concezioni architettoniche datate quindi. “Si perchè anche i percorsi all'interno della struttura sono importanti, un ospedale moderno non avrebbe percorsi misti per degenti e altri fruitori esterni” continua Vanni che sottolinea: “Non mi si chieda dove dovrebbe essere costruito, l'importante è che si faccia e non si intervenga in maniera raffazzonata sull'esistente”.
A proposito della carenza di personale medico Giorgio Vanni non è certo stupito di quanto sta accadendo ora: “Da anni gli ordini parlano del rischio carenze. Va bene il numero chiuso, ma andrebbe modificato di anno in anno in base alle necessità, non si può sottostare ad un numero chiuso deciso 30 anni fa” conclude l'ex dirigente di Fisiatria.