Digitale - 15 dicembre 2023, 11:43

Architettura idraulica: alla scoperta dell'acquedotto romano


Gli acquedotti romani sono tra le opere di ingegneria idraulica più affascinanti della storia dell'Impero.

Talmente imponenti che ancora oggi è possibile scorgerne le rovine, a testimonianza di una civiltà altamente evoluta soprattutto sul piano delle opere civili. I resti delle mura visibili nella città di Roma, così come in molti altri territori un tempo parte dell'Impero, sono però soltanto una parte di un sistema idrico molto complesso, che aveva inizio con un'accurata scelta della sorgente e si concludeva con l'erogazione dell'acqua nei punti designati.

Qualità dell'acqua: il ruolo della sorgente nella costruzione degli acquedotti romani


Gli acquedotti romani assicuravano ai territori urbani un consistente approvvigionamento idrico.

Tuttavia, prima della loro edificazione, era necessario provvedere innanzitutto alla scelta della sorgente, che doveva presentarsi pura, priva di canne e muschio, ed essere ubicata lontana da potenziali fonti inquinanti.

Era inoltre fondamentale che rispondesse ad alcune caratteristiche di sapore e temperatura e che gli individui che ne facevano uso presentassero ottimali condizioni fisiche, e all'occorrenza non venivano disdegnate presunte proprietà medicinali, valutate in base al contenuto di sali minerali. 

In ogni caso, per avere la certezza che le acque fossero di qualità, i romani conducevano vere e proprie analisi di laboratorio tramite contenitori di bronzo, che permettevano di testare aspetti come la viscosità, il punto di ebollizione, la presenza di corpi estranei e i livelli di corrosione.

Uno dei requisiti più importanti era soprattutto l'ubicazione della fonte: era infatti necessario che la sorgente si trovasse a un adeguato livello di altezza.

L'importanza della pendenza negli acquedotti romani 


Come si legge anche nell’approfondimento proposto dal blog Acqua del Rubinetto, in un acquedotto romano lo scorrimento delle acque avveniva sfruttando esclusivamente la gravità.

Per questo era necessario selezionare sorgenti poste a un elevato livello di altezza e che le condutture raggiungessero uno sviluppo di una certa lunghezza.

Quest'ultimo, in particolare, era un parametro indispensabile per assicurare che ogni tratto avesse un andamento inclinato e che l'opera arrivasse in città a una quota tale da riuscire a servire un territorio quanto più possibile ampio.

Difatti, anche se in alcune condutture di epoca romana sono stati riscontrati valori di poco superiori o inferiori, la pendenza doveva attestarsi attorno al 2%, un valore che permetteva all'acqua di scorrere a pelo libero ed evitare sia che acquisisse velocità durante lo scorrimento, erodendo le condutture superficiali, sia che defluisse troppo lentamente favorendo i depositi calcarei. 

Per assicurare il mantenimento della stessa pendenza lungo tutto il tratto, gli ingegneri romani potevano contare su apparecchi come il chorobates e il dioptra, quest'ultimo simile alla livella utilizzata ancora oggi nel settore delle costruzioni. 

Acquedotti romani: un capolavoro di ingegneria idraulica 


Grazie a questo complesso e articolato sistema di ingegneria idraulica, un acquedotto romano aveva la capacità di trasportare quotidianamente enormi quantitativi di acqua, attraversando canali sotterranei, condutture a cielo aperto e superando vallate pianeggianti e pareti scoscese.

Per attraversare territori in pianura o gole non troppo ripide, venivano utilizzati in particolare i ponti canale, le caratteristiche opere sostenute da arcate ancora oggi visibili in alcuni ex territori dell'Impero romano: per avvallamenti molto ripidi si ricorreva invece ai sifoni, delle particolari tubazioni a U, in piombo saldato e rivestito, che permettevano all'acqua di attraversare grosse gole tramite il principio fisico dei vasi comunicanti. 

Gli acquedotti romani erano inoltre intervallati da piscine limariepozzi verticali, le prime predisposte al rallentamento del flusso per la sedimentazione di fanghi e impurità, i secondi invece adoperati per l'esecuzione delle regolari operazioni di ispezione.

Questo sistema così complesso aveva la capacità di trasportare oltre un milione di metri cubi di acqua al giorno, che permettevano di soddisfare il fabbisogno di 900 bagni pubblici, 11 terme e le numerosissime fontane che affollavano le vie dell'Urbe.

Tuttavia, dei 12 acquedotti edificati in epoca romana, oggi è in funzione solo l'Aqua Virgo (12 d.C.), che alimenta alcune delle fontane monumentali più prestigiose della Capitale.