Il senatore ossolano Enrico Borghi è intervenuto in Senato sul tema della montagna: “Perché la legge sulla montagna che stiamo discutendo è un provvedimento centralista, che fa elemosine e ci riporta indietro?”. È questa la domanda a cui ha cercato di rispondere nel corso del suo intervento in aula.
“Non si può continuare a rinviare la questione della riforma delle autonomie locali – ha esordito Borghi in aula -. Nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica ha ricordato, tra le quattro caratteristiche della nostra costituzione, la sua concezione autonomistica. Siccome all’articolo 5 si stabilisce che lo stato uniforma il proprio ordinamento alle esigenze delle autonomie locali, immaginare che si possa fare una legge che riguarda i territori prescindendo completamente dalla natura delle autonomie locali significa fare una norma che in spirito non è una norma repubblicana, ma da statuto albertino”.
“Con una mano – attacca il Senatore di Italia Viva - ci venite a predicare le magnifiche progressive sorti di un’autonomia differenziata, con l’altra cancellate la lavagna e riscrivete tutto in nome del centralismo statalista”.
“Occorre modernizzare la rete dei comuni – sottolinea Borghi - perché i comuni da soli non ce la fanno più. Serve introdurre un meccanismo con il quale si riordina finalmente la platea dei territori montani, in cui c’è una sovrapposizione di reti e di funzioni a cui corrisponde una debolezza strutturale. Al posto di tutta questa foresta che frammenta il potere sui territori, abbiamo bisogno di un ente unico che aggreghi i comuni e che attribuisca loro l’esercizio associato delle funzioni e le competenze in materia di sviluppo locale. Per farlo non abbiamo bisogno dell’attuale meccanismo in cui ogni regione fa quello che vuole, ma di un’operazione organica sull’intero territorio nazionale”.
Il senatore Borghi è poi intervenuto su un altro tema di stretta attualità: la cronica carenza di medici, soprattutto nei territori montani e rurali. “Come noto – sottolinea - l’adeguata assistenza sanitaria è determinata dal fabbisogno dei medici specialisti che sono presenti. I dati del ministero della salute e delle regioni comprovano le problematiche di carenza dei medici nei territori montani e rurali”.
Da qui la proposta di Italia Viva: “Vorremmo proporre che i medici che esercitano la professione nei comuni montani avessero il diritto a ricevere una premialità economica determinata in maniera proporzionale al numero dei residenti assistiti e alle difficoltà di accesso ai servizi sanitari del comune montano di riferimento. Chiediamo che la regione istituisca un fondo dedicato all’erogazione di questa premialità. È una questione complessa – ammette Borghi - perché si tratta di incidere sulla retribuzione degli addetti sanitari. Però delle due l’una: o continuiamo a mantenere l’attuale massificazione della retribuzione e non consentiamo una condizione di attrattività di determinati territori, oppure prevediamo un incentivo specifico. In questo momento, mentre noi parliamo, ci sono 45 poliziotti che stanno curando il nulla in un centro in Albania e che giustamente vengono maggiormente retribuiti perché hanno un’indennità di missione per quel tipo di attività. Perché questo principio non può valere anche per i medici che operano in territori specifici? Siamo nel teatro dell’assurdo”.