Diciannove appartamenti non realizzati e la società chiede al Comune il risarcimento di 1 milione 479 mila euro e rotti.
Finisce al Consiglio di Stato la causa legale tra una società di Verbania impegnata del settore immobiliare e il Comune di Domodossola. Una vicenda che come ricorda l'assessore Franco Falciola ''l’amministrazione Pizzi si trova a gestire questo problema ereditato dalle passate amministrazioni''.
Una causa che nel luglio di quest’anno aveva visto il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte dare ragione al Comune, respingendo il ricorso con cui la società chiedeva il risarcimento. Il Tar scrive che ‘’il danno lamentato non sarebbe imputabile ad un comportamento illegittimo o comunque scorretto dell’Amministrazione comunale, che avrebbe ingenerato nella ricorrente un legittimo affidamento sulla legittimità edilizia del bene acquistato nel dicembre 2007’’. E sostenendo che la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente è infondata’’.
Il Gruppo verbanese aveva fatto causa chiedendo per ‘’ danni cagionati imputabili per fatto illecito ex art. 2043 codice civile, in misura di 1.479.776,78 euro, di cui 728.736,80 per danno emergente e 751.039,98 per lucro cessante’’.
Tutto nasce ad inizio anni Duemila. Il Gruppo verbanese aveva acquistato un immobile con annessa area scoperta pertinenziale, in un’area che il Piano regolatore classificava allora quale “area satura di conservazione” che era stato inserito, assieme ad un altro fabbricato, in una proposta di piano di recupero. Siamo in pratica in un tratto di Corso Dissegna, pieno centro città.
I venditori dell’immobile avevano chiesto al Comune di annullare la pratica relativa al piano di recupero rappresentando che l’acquirente era intenzionata ad eseguire un altro tipo di intervento. Lo stesso giorno, la società di Verbania presentava una domanda di permesso di costruire per la ristrutturazione edilizia, con ampliamento del solo immobile acquistato, domanda che, a fronte di un primo rigetto, era stata nuovamente ripresentata ma era stata archiviata nel dicembre.
Successivamente veniva richiesto un parere preventivo al Comune sulla legittimità dei volumi esistenti. L’Amministrazione comunale ribatteva che era stato accolto il ricorso straordinario proposto avverso la delibera del Consiglio Comunale ‘’che aveva inserito l’immobile nella zona di recupero, in quanto la relativa volumetria risultava essere già stata utilizzata per la costruzione di un altro fabbricato in forza di un contratto di cessione di volumetria stipulato in nel1958 e della relativa licenza edilizia lo stesso anno’’.
Nel ricorso fatto si legge che la società ‘’ si è vista costretta a cedere l’immobile ad un prezzo di 95.000 euro, molto inferiore al suo valore di mercato al momento dell’acquisto - 460.000 euro - non potendo realizzare l’operazione immobiliare inizialmente programmata, cioè la costruzione di un condominio di 19 unità abitative in sostituzione del preesistente fabbricato’’.