A causa del freddo intenso e del maltempo si è svolta a Pestarena e non al Ribasso Morghen la cerimonia in ricordo della tragedia mineraria accaduta il 13 febbraio 1961.
Alla S. Messa, celebrata dal prevosto don Maurizio Midali, erano presenti: il sindaco di Vanzone con San Carlo Claudio Sonzogni mentre Macugnaga era rappresentata dal consigliere Italo Hor. Presenti i Vigili del Fuoco Volontari di Macugnaga, i rappresentati dell’Associazione “Figli della Miniera” e varie persone provenienti dai paesi della Valle Anzasca, nel pieno rispetto delle norme sanitarie anti Covid-19. I momenti salienti sono stati sottolineati dalle note del sax soprano di Diego Tonietti.
Vincenzo Nanni, presidente dell’Associazione “Figli della Miniera”, dopo aver porto un breve saluto agli intervenuti ha ricordato: «Mio padre Federico, che era minatore, quel giorno era a casa ed è stato informato della tragedia da un collega, mio padre è scoppiato a piangere. Io non l’avevo mai visto piangere!».
Nell’incidente persero la vita quattro minatori: Vito Utzeri, 59 anni di Muravera (CA). Giovanni Offredi, 53 anni di Taleggio (BG). Antonio Argiolas, 24 anni di Villanova Tulo (NU) e Salvatore Puddu, 21 anni di Seui (NU).
I quattro erano entrati dal Ribasso Morghen con il piccolo locomotore condotto da Camillo Bettoni che al momento del tremendo scoppio stava già tornando verso l’uscita. Raccontava poi che il locomotore è stato rovesciato dallo spostamento d'aria provocato dall'esplosione e investito da una densa nube di polvere irrespirabile. Lui è riuscito a mettersi in piedi e dare l'allarme sia al Ribasso Morghen sia a Pestarena.
Fra i primi ad accorrere c’era anche Mario Congia che ha poi raccontato l’episodio nel libro “Miniera, ricordi di una vita“ in cui racconta l’arrivo dei minatori sardi a Pestarena.
Nella ricostruzione dell’episodio si ipotizza che i minatori, ricevute le micce e l’esplosivo stessero per raggiungere gli avanzamenti dove avrebbero dovuto sistemare le cariche esplosive e successivamente dar fuoco alle polveri, ma a uno di loro si è incendiato il materiale esplosivo, magari a causa della "lampada ad acetilene" necessaria per l’illuminazione (va ricordato che i due giovani lavoravano in miniera da pochi giorni).