Vigezzo - 26 aprile 2022, 10:40

Gim Bonzani ricorda Benito Mazzi: "Penso che si possa definire'il Fornara della penna'"

"Ha utilizzato ogni istante per arricchire quel vantaggio cronologico che gli ha consentito di attraversare gli anni della Vigezzo che si stava trasformando"

Si chiama "coccodrillo", quel pezzo preparato a priori dai giornalisti per ricordare qualcuno di famoso. E' cinico, triste, ma avviene tra i professionisti di cronaca per non farsi trovare impreparati e dover improvvisare frettolosamente necrologi a rischio di errori. 

Non è il caso mio. Primo: perchè professionista non sono (dopo ventiquattro anni di articoli vari per Il Popolo dell'Ossola non ho tesserini ufficiali da giornalista pubblicista). Secondo: perchè il mio "coccodrillo" ha le dimensioni di una lucertolina uscita dall'uovo solo ieri, quando la mesta notizia della morte di Benito Mazzi è girata sui  media ancor prima che sugli avvisi funebri.

Ricordarlo non è facile; altre penne qualificate lo faranno a lungo bene e meglio.  Ma è per me triste e commovente, specie se i ricordi di lui si fondono coi miei anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Quei periodi che, credo tutti noi coi capelli bianchi (chi li ha ancora),  ricordiamo con nostalgia. Tempi che Mazzi ha raccontato col suo stile unico. Vicende per noi ancor più gradevoli perchè molti personaggi e luoghi che troviamo nei suoi libri in un certo senso ci appartengono; anche se fisicamente scomparsi i primi, e forse, devastati irrimediabilmente i secondi. Benito è "tutto qui": una vita da scrittore, da cronista, un attento testimone del suo tempo. Aveva quindici anni più di me e li ha sfruttati tutti.

Ha utilizzato ogni istante per arricchire quel vantaggio cronologico che gli ha consentito di attraversare gli anni della Vigezzo che si stava  trasformando;  vivendo quegli eventi, analizzandoli in modo intelligente per poi raccontarli alla sua maniera.  E questo non a solo fine ludico, ma soprattutto per ricordare ai lettori  la dimensione di una schietta umanità montanara che ha caratterizzato il suo (e per buona parte) anche il nostro tempo.

Di Re lui, di Villette io, ricordo di averne sentito il nome e di averlo visto la prima volta da bambino quando,  nel teatrino/cinema parrocchiale di Villette durante una recita, la sua coscritta Clara Tadina gli sparò (a salve) e lui stramazzò rumorosamente sull'assito del piccolo palco facendo sobbalzare lo stupito pubblico. Era una storia "finta" così  mi fu detto, perchè lo spavento di quella scena "cun ul Benito da Re" aveva cancellato in me tutta l'attrattiva per lo spettacolo. Poi lo ritrovai alle Medie di valle a S. Maria Maggiore sua seconda patria.

Insegnante di Italiano in prima classe e passato poi in segreteria l'anno dopo.  Ruolo che tenne in quell'ambito per tutta la vita lavorativa da statale. Ricordo quella volta in seconda, quando spuntò dalla porta dell'aula per avvisarci di qualcosa. Capo inclinato con mani sopra e sotto lungo il filo dell'uscio e, rivoltosi con un gran sorriso all'insegnante di Arte (che allora si chiamava Disegno) destinata a diventare la compagna della sua vita, concluse: "...e vale anche per i professori". E sempre sorridente sfilò capo e mani raddrizzandosi e chiudendo quel pertugio alle spalle.

E qui mi fermo perché siamo solo agli anni '60 e sarei inutilmente tedioso; ma non terminano certo il suo ricordo e l'ammirato apprezzamento per la sua grande arte nello scrivere. In questa valle di pittori, dove ancora tutto il novecento fu illuminato, prima direttamente poi di riflesso, da un insuperato Carlo Fornara (a cui si accostarono pure altri eccellenti artisti), tracciando un parallelo, penso proprio che Benito Mazzi si possa definire "il Fornara della penna". E pure con maggior fama dell'originale.

Gim Bonzani