È giallo sulle telefonate intercorse tra la Polizia e l'Amiat il 3 giugno 2017, per la gestione di piazza San Carlo. "Organizzammo il servizio come accaduto nel 2015, in occasione di un'altra partita di calcio (la finale di Champions tra Juve e Barcellona, ndr), quando tutto si svolse nella massima tranquillità". E' quanto ha detto Raffaele Dragone, capo area dell'Amiat, testimoniando l'11 febbraio in corte d'assise a Torino alla ripresa del processo per i fatti di piazza San Carlo.
Fra i nove imputati figura il viceprefetto Roberto Dosio. Durante la proiezione su maxischermo della finale di Champions League Juve-Real, un fuggi fuggi tra la folla in preda al panico provocò 1.600 feriti e più tardi la morte di due donne (Erika Pioletti e Marisa Amato). Molti si procurarono tagli e lesioni dovuti alla massiccia presenza di cocci di bottiglia. "La quantità di vetro che trovammo fu impressionante", ha ricordato Dragone.
Il capo area ha spiegato che "già a metà pomeriggio, a qualche ora dall'inizio, mi comunicarono che gli operatori non riuscivano più a lavorare nella piazza per la quantità di gente". Le difese hanno più volte incalzato il testimone sulla circostanza che nel corso della giornata, come si ricava dalle registrazioni del colloqui con la centrale operativa, i funzionari della questura chiesero più volte l'intervento dell'Amiat.
Ancora alle 21.44 un dirigente di polizia invitò via radio a "sollecitare l'Amiat perché qui è pieno di bottiglie", aggiungendo che "tutte le volte con l'Amiat è la stessa storia". Dragone si è detto "stupito, con la questura c'è sempre stata una collaborazione attiva".
"Quel giorno - ha raccontato - ricevetti una sola telefonata dall'Ufficio di gabinetto della questura, tra le 19 e le 20, e spiegai che dentro la piazza era impossibile muoversi". Non è escluso che contatti più frequenti siano stati tenuti dal collega che era sul posto e che testimonierà in una delle prossime udienze.