Attualità - 05 agosto 2021, 19:31

Sartoretti: “La certificazione? Un’imposizione calata dall’alto da persone incompetenti”

Il punto sul Green pass col presidente di Fipe Confcommercio Alto Piemonte

Sartoretti: “La certificazione? Un’imposizione calata dall’alto da persone incompetenti”

“E’ la solita decisione calata dall’alto, da persone non competenti in materia. Non c’è idea dei problemi che sorgeranno, a partire dalle discussioni coi clienti. Perché le persone di buon senso non riescono a capire queste imposizioni. Una “roba” all’italiana, insomma. Pensi solo a uno che da solo gestisce un bar, sarà complicato: entrano magari contemporaneamente in quattro, tre hanno il certificato, uno no, intanto bisogna fare i caffè e squilla il telefono… un disastro. Comunque: se dobbiamo fare questo per rimanere aperti, facciamolo pure… Ma sono tutti preoccupati: nella chat dei colleghi emerge, tra l’altro, la difficoltà di spiegare la situazione agli stranieri. Proviamoci e teniamo conto che il volere di Draghi e dei suoi ministri era molto più restrittivo: solo grazie al lavoro della Fipe e delle altre associazioni abbiamo ridotto i danni”.

Dopo l’opinione di baristi e ristoratori, sul Green pass introdotto in Italia dal 6 agosto abbiamo ascoltato il parere del presidente di Fipe Confcommercio Alto Piemonte, Massimo Sartoretti. In queste settimane Sartoretti, che è anche componente del direttivo nazionale dell’organizzazione degli esercenti di bar e ristoranti aderente a Confcommercio, si è speso a più riprese, in tv e sui social, in maniera fortemente critica contro i provvedimenti anti Covid via via presi dal governo Draghi.

E anche in questa occasione ha puntato il dito contro le incongruenze. Anche sulla pagina Facebook il suo pensiero è stampato chiaro e tondo. Senza se e senza ma. “Si potrà cenare nei ristoranti di alberghi e campeggi – ha spiegato Sartoretti – mentre in tutti gli altri sarà necessario il Green pass. Un passaggio che ritengo inaccettabile, soprattutto perché a farne le spese saranno ancora una volta i titolari di esercizi pubblici”.

Sartoretti, così come molti altri nel Vco e novarese, ha sottolineato che abitiamo “un territorio che vive di turismo e che ha già pagato un prezzo molto grande al Coronavirus. Se davvero si ritiene che la campagna vaccinale abbia bisogno di un’ulteriore spinta – ha dichiarato il numero uno di Fipe Confcommercio Alto Novarese - allora si estenda l’obbligatorietà della vaccinazione per accedere a ogni tipo di servizio. Perché se serve l’ennesimo sacrificio, questo va condiviso da tutti”.

Anche nel Verbano Cusio Ossola dunque (e non avrebbe potuto essere altrimenti) non saranno da escludere tensioni tra i pro e i contro. Il disagio dei nostri commercianti nel vestire i panni dei controllori è profondo. Chiedere loro di verificare se i clienti abbiano scelto o meno di effettuare una prestazione sanitaria è faccenda solo apparentemente semplice. Si rischia di entrare a gamba tesa nella privacy delle persone.

“Perché baristi e ristoratori dovrebbero fare ciò che spetta alle autorità sanitarie o alle forze dell’ordine”, si chiede un verbanese? Che poi aggiunge: “In nome della salvaguardia della salute si può davvero pretendere così tanto?”. Le manifestazioni di piazza, anche nel Vco, ci sono già state. La speranza e l’auspicio è che d’ora in avanti (che le cose si faranno sempre più complicate) a prevalere sia sempre e comunque il buon senso.

Redazione

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