Molteplici sono state le prove negative fornite dalla provincia del VCO verso il territorio ossolano. L’Ossola, a distanza di trent’anni, è spoglia. Ultimo atto di questo spogliamento è stata la proposta dell’ospedale unico a Ornavasso. Piedimulera prima, Ornavasso poi. Per non dire della suddivisione della Comunità Montana Valle Ossola, frammentata in miriadi di parlamentini insieme alle delocalizzazioni e fughe delle imprese e dei servizi che un tempo stanziavano in Ossola.
(Ricordo ai non più giovani la prima: il trasferimento delle dogane da Domodossola a Novara, regione Boschetto.)
Che cosa è l’Ossola, oggi? Nulla. È un’entità geografica, non politica, non ha alcun peso; si potrebbe financo dire che ciò che rimane della Valle, per come è stata conosciuta sino a trent’anni fa, termina prima di Vogogna. A farla terminare giusto lì ci ha pensato il parlamentare di quel comune, da molti e molti anni.
Mergozzo, il lago ossolano? Gravita sempre più nel Verbano, è perduto, dimenticato dagli ossolani, a sua volta con Mergozzo dimentico dell’Ossola.
Di questo il merito è delle federazioni dei partiti che hanno, naturalmente, sede in Verbania. Sono stati bravi. A chi si opponeva a quella spoliazione, rispondevano con accuse di campanilismo.
Peccato che il campanilismo l’abbiano fatto loro, a danno degli ossolani. Merito loro. I cittadini della restante provincia dovrebbero esser loro grati, non così gli ossolani. Ma questo depauperamento non è certo colpa dei politici “meridionali”, la responsabilità sta nella modestia servile di chi, ossolano, avrebbe dovuto rappresentarci e tutelarci.
Ora, un candidato, un sindaco uscente, che ha compreso da tempo quegli imperi e dittature, si candida solo, sganciato dai partiti.
Le distanze sulle politiche territoriali sono abissali, non ha voluto tradire i suoi concittadini, onore al merito.
Sì, perché finalmente possiamo essere anche noi campanilisti; qualcuno, ora, mi auguro, rappresenterà questo sano attaccamento alle origini, al territorio dove viviamo e siamo nati.
Per battere un avversario di norma conviene utilizzare le sue armi, in mancanza di meglio. “Divide et impera”, è stata il motto di questi trent’anni. Ebbene, hanno avuto ragione. Però una lezione se ne può trarre: se il “divide et impera” lo facciamo nostro, se chiediamo di “polverizzarci” nei campanili che siamo, quelli esistenti e coincidenti con i trentotto comuni della Valle, chiedendo a gran voce, questa volta, e senza tradimenti, questa volta, una provincia autonoma a statuto speciale ossolana, come per Trento e Bolzano, allora “ciaone” agli amici del Cusio e del Verbano.
Le risposte a tutte le nostre necessità e bisogni sono compresi in questo “ciaone”, con tutto il rispetto per le popolazioni del restante territorio di questa provincia mozza, inesistente, dimezzata.
Affermo questo in piena consapevolezza, senza affatto perdere di vista, contro il “globalismo” di Verbania e dell’intero mondo, le radici cristiane del nostro territorio, la nostra particolare lingua, cultura, tradizione cristiana, non annacquata, autentica, appassionata. Basta laicismi, globalismi, spersonalizzazioni, anticlericalismi che un tempo pur avevano una loro ragion d’essere; altrimenti, ora, sono finalizzati all’annientamento della nostra guadagnata supremazia religiosa, civile, culturale, sociale. Sono finalizzati, i globalismi vigliacchi, a “cinesizzarci” sia in termini sociali, sia culturali, sia religiosi. Risorgiamo da noi, dalle piccole unità, dai nostri campanili. Ossolani!
Rocco Cento