Remo Bessero Belti (1915 –2004), nato e vissuto a Migiandone, è entrato giovane tra i Padri rosminiani. Dopo gli studi classici fatti a Domodossola e a Torino, ha frequentato i corsi di teologia all'Ateneo Lateranense di Roma, ove è stato ordinato sacerdote nel 1939. È stato direttore del Centro internazionale di studi rosminiani di Stresa dal 1966 al 1972.
A nord di Ornavasso, oltre la “Stretta di Bara” che separa la pianura padana dalle grandi Alpi, vi è Migiandone, un villaggio di 300 anime in cui il tempo sembra essersi fermato. Le estati sono fresche e luminose, in inverno per tre mesi non arriva il sole. Al paese natio, lasciato in giovane età, don Remo Bessero Belti nel 1975 ha dedicato un libro, “Voglio bene a Migiandone”, titolo semplice e grande per un uomo che ha portato in cuore un'intatta freschezza che il tempo non solo non ha mai diluito, ma gli ha anzi permesso di ritrovare più intensa e più vera nel ritorno al suo paese.
Sabato 20 aprile la Parrocchia “S. Ambrogio” di Migiandone, presso la Sala comunitaria, ex asilo, chiesa parrocchiale, alle ore 16.00, ricorda don Remo Bessero Belti con una tavola rotonda introdotta dal parroco don Roberto Sogni e moderata da Maurizio De Paoli a cui interverranno il rosminiano don Eduino Menestrina, Enrico Rizzi, Silvano Ragozza e Paolo Crosa Lenz.
Le origini del paese sono legate ai Walser, tenaci coloni di origine tedesca che lo insediarono nel XIV secolo come espansione demografica dalla vicina Ornavasso. Nel corso dei secoli, l’esigua comunità iniziale crebbe operosa nel settore edilizio e nel commercio del carbone. Una fortunata emigrazione nell’Ottocento trovò sempre nella devozione per la “Madonna nera” d’Oropa l’occasione per un ancoraggio sicuro alla terra natia.
Il libro “Voglio bene a Migiandone” è un’opera unica nel suo genere: ricostruisce la storia civile e religiosa della comunità, ma soprattutto delinea nitida la memoria e l’identità collettiva dei suoi abitanti. Un atto d’amore per la “piccola patria”. A cinquant’anni dalla prima edizione, oggi introvabile, una seconda edizione in versione moderna, conferma, da parte della comunità di Migiandone, l’affetto per il suo concittadino più illustre e al contempo il legame saldo e mai reciso per una terrà aspra ma buona.