Ultim'ora - 30 aprile 2025, 16:55

Caso Orlandi, l'ex Digos: "Fu chiesta liberazione Agca, ma mai data prova esistenza in vita"

Caso Orlandi, l'ex Digos: "Fu chiesta liberazione Agca, ma mai data prova esistenza in vita"

(Adnkronos) - Su Emanuela Orlandi dopo il rapimento "non si ebbe mai prova dell'esistenza in vita della ragazza e lo stesso Ali Agca, all'epoca detenuto in esecuzione pena, in qualche modo si dissociò da questa richiesta di sua liberazione. Si arrivò alla scadenza dell'ultimatum e non furono avviate iniziative per la liberazione concreta di Ali Agca e non fu acquisito alcun elemento che potesse sostenere che la ragazza fosse viva". A dirlo è Lidano Marchionne, all'epoca dei fatti commissario capo della Polizia di Stato, in servizio presso la Digos di Roma, ascoltato in audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Marchionne ha spiegato di essersi "occupato della vicenda Orlandi marginalmente in quanto all'epoca facevo servizio alla Digos e mi ero occupato delle vicende connesse all'attentato al pontefice: quando venne tirata in ballo la richiesta della liberazione di Ali Agca - come scambio per il rilascio della ragazza - fummo coinvolti anche noi della Digos". 

"Mi colpì il fatto che l'intervento di un'associazione vicina all'attentatore del Papa e che ne chiedeva la liberazione - ha osservato - venne fatto dopo che il Papa, nella recita dell'Angelus, aveva fatto cenno alla scomparsa della ragazza e stimolato la buona volontà di coloro che avevano responsabilità nella gestione di quel caso".  

"Fino a quel momento i contatti erano stimolati dalla diffusione dei manifesti fatti dalla famiglia, erano passati direttamente sui familiari di Orlandi ai telefoni che avevano indicato come recapito e i messaggi erano sostanzialmente dettati dall'intento di tranquillizzare la famiglia - ha proseguito -, tendevano a dare credito all'ipotesi che si fosse in presenza di un allontanamento volontario della ragazza. Poi, dopo l'intervento del Papa all'Angelus, ci fu una telefonata di persona che richiamò nel contenuto queste telefonate che erano state fatte nella prima fase" e che "nello stesso tempo calò la richiesta di liberazione di Ali Agca in cambio del rilascio di Emanuela Orlandi".  

"Si arrivò fino all'ultimatum che avevano fissato", ha proseguito l'ex appartenente alla Digos aggiungendo che "questa trattativa" non andò "in porto perché non ci fu mai prova certa dell'esistenza in vita della ragazza". 

"C'erano una valanga di informative che venivano dai Servizi che riportavano notizie da fonti più o meno attendibili, alcune qualificate addirittura come occasionali, che davano indicazioni sulla ragazza viva, che era addirittura caduta nella sindrome di Stoccolma e aveva allacciato relazioni sentimentali con i suoi sequestratori" ma "gli accertamenti non avevano dato soluzioni concrete", ha osservato Marchionne aggiungendo che "spesso soprattutto nella comunità turca, consistente in Germania, venivano fuori 'pseudo informatori'".  

A una domanda sul fatto che chi chiedeva la liberazione di Ali Agca fu in grado di far ascoltare un nastro con la voce di Emanuela registrata o far ritrovare delle fotocopie di documenti e fogli scritti della ragazza, l'ex appartenente alla Digos ha osservato: "Secondo me queste persone avevano avuto a che fare o direttamente con Emanuela Orlandi o con qualcuno che la conosceva".  

Marchionne ha poi ricordato alcune telefonate che arrivarono dopo la scomparsa di Emanuela, come quelle del sedicente "Mario" o del cosiddetto "Americano" o successive chiamate. "Il gruppo secondo me è lo stesso", ha sottolineato aggiungendo: "Se fosse stato già dall'inizio un sequestro per liberare Ali Agca non vedo per quale motivo ci siano state chiamate prima. Forse per sondare una disponibilità? Non lo so". 

"Indubbiamente io penso che - quale possa essere il gruppo - era ben strutturato: non era un gruppo di rubagalline o di ragazzi che potevano aver messo su qualcosa di più grande di loro che poi gli era sfuggito di mano", ha continuato, rispondendo a chi gli chiedeva la sua opinione sulla tipologia del gruppo legato alla scomparsa di Emanuela.  

Quanto alla criminalità romana dell'epoca, secondo l'ex appartenente alla Digos, "potrebbe aver avuto un ruolo". "Non c'è nulla di specifico che mi faccia pensare alla malavita organizzata romana" ha continuato Marchionne precisando però che "la mia sensazione è che la ragazza sia caduta in una trappola dalla quale non è riuscita a venirne fuori, chi l'ha tesa non agiva per una situazione estemporanea".  

"Mi pare che la ragazza avesse avuto un appuntamento con una persona che si era proposta per farle fare un lavoro di presentatrice di prodotti cosmetici e la casa ha sempre smentito di ricorrere a simili attività - ha proseguito -. Può essere che per ingenuità la ragazza abbia aderito a questa proposta e invece di fare questa presentazione, chissà dove l'hanno portata".  

Replicando a un'altra domanda, l'ex appartenente alla Digos ha precisato: "Io non ho detto che c'è stato un coinvolgimento della mafia romana, dico che l'organizzazione nella quale era incappata Emanuela non era una organizzazione di sprovveduti, ma una organizzazione ben strutturata e che aveva determinati scopi che potevano essere - siamo a livello di ipotesi - anche quello di irretire giovani ragazze per destinarle a cose che non vogliamo pensare". 

webinfo@adnkronos.com (Web Info)

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