Nel giorno dell’anniversario della legge 185 del 1990, approvata il 9 luglio per garantire trasparenza sul commercio di armi e vietarne l’esportazione verso Paesi in guerra o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, i comitati “Ferma il Riarmo” e “Ossola per Gaza” lanciano un nuovo allarme: “Il governo vuole indebolire e neutralizzare una delle poche norme che pone limiti etici al mercato degli armamenti”.
La denuncia arriva insieme allo slogan scelto da oltre 240 organizzazioni italiane: “Basta favori ai mercanti di armi”, una presa di posizione netta contro ogni tentativo di smantellamento della 185/90.
Nel mirino dei due comitati, anche il coinvolgimento dell’Italia nelle forniture all’esercito israeliano, impegnato nella distruzione di Gaza. Secondo quanto riportato da un’inchiesta pubblicata da Altreconomia, dal 7 ottobre 2023 l’Italia sarebbe diventata uno dei principali esportatori di materiali a duplice uso verso Israele, impiegabili anche nella fabbricazione di esplosivi e per demolizioni controllate.
“Mentre centinaia di migliaia di italiani chiedono il cessate il fuoco e la fine dell’assedio – scrivono i comitati – alcune aziende italiane continuano indisturbate a inviare componenti e ricambi destinati a operazioni militari che stanno massacrando la popolazione palestinese”.
Preoccupazioni che si intrecciano con le recenti decisioni prese in ambito Nato, dove è stato proposto un aumento delle spese militari al 5% del PIL: per l’Italia, ciò significherebbe 100 miliardi di euro all’anno, una cifra definita “scandalosa” dai promotori dell’appello.
Non meno grave, secondo i comitati, il Piano Rearm Europe da 800 miliardi approvato dalla Commissione europea. “L’Europa spende già tre volte la Russia per la difesa – ricordano – ma questo non ha portato maggiore sicurezza nel mondo: solo nel 2024, la spesa militare globale ha raggiunto il record di 2.718 miliardi di dollari, con un incremento del 9,4% rispetto all’anno precedente”.
Il vero motore del riarmo globale, concludono i comitati, sono i profitti delle industrie belliche e dei loro finanziatori. “La storia insegna che quando si accumulano armi, prima o poi vengono usate. Fermiamo questa follia finché siamo in tempo. I governi ascoltino il dissenso crescente e investano nella pace, non nella guerra”.