Economia - 09 agosto 2025, 07:00

Il trading online nell’era della manipolazione: come muoversi nel rumore dei mercati

Il trading online nell’era della manipolazione: come muoversi nel rumore dei mercati

Chi fa trading online oggi si trova costretto a decifrare un linguaggio costruito ad arte per confondere. I media finanziari ripetono all’infinito concetti come “soft landing”, “pivot della Fed”, “inversione della curva”, come se fossimo dentro una liturgia da tecnocrati. Ma dietro questa patina da scuola di Chicago distillata male, c’è solo una cosa che conta: l’intervento statale nel mercato. Il resto è coreografia.

La verità è che l’attuale fase di mercato – tra tassi ballerini, inflazione persistente e “paure da recessione” calibrate – è utile a pochi e dannosa per molti. L’investitore retail, soprattutto quello che opera online, è diventato il bersaglio ideale: viene spinto a operare sulla base di emozioni indotte, tra una breaking news e l’altra, mentre le vere manovre avvengono nel silenzio delle scrivanie istituzionali. Ogni “notizia” è già prezzata prima che tu possa cliccare. Ogni crollo serve a spaventarti. Ogni rally serve a farti rientrare. È un meccanismo di cattura psicologica, non di libertà economica.

In questo scenario, il trading online può sopravvivere solo come atto di autodifesa individuale. Non è una scorciatoia per la ricchezza. È una forma di resistenza. Significa leggere tra le righe, ignorare il rumore, e concentrarsi su ciò che non può essere manipolato: i prezzi reali, la domanda reale, i livelli di liquidità autentica. Significa ragionare come un outsider, non come un esecutore. Il libertario vero non cerca sicurezza nei grafici: cerca coerenza tra ciò che vede e ciò che capisce. E se capisce che il mercato è drogato, si muove con freddezza, non con entusiasmo.

Oggi il mondo ti vuole trader compulsivo o investitore passivo. In entrambi i casi, ti vuole prevedibile. Il trader libertario non lo è. Fa operazioni quando il prezzo lo giustifica, non quando il TG economico gli dice di farle. Sa che le banche centrali mentono, che le agenzie di rating sono parte del gioco, e che la regolamentazione è uno strumento di controllo, non di garanzia.

Per questo il trading online, per chi non si lascia addomesticare, resta una delle poche aree dove si può ancora esercitare una forma concreta di libertà economica. Ma richiede disciplina, autonomia e un rifiuto radicale dell’obbedienza informativa. Nessun software ti darà un vantaggio. Nessun guru ti salverà. Nessun indicatore sostituirà il tuo giudizio. In un mondo dominato dal rumore, pensare con la propria testa è l’unico edge che conta.

In un contesto macroeconomico e geopolitico che, per complessità e instabilità, ricorda più una fase di transizione sistemica che un ordinario ciclo economico, i mercati azionari, sfidando aspettative e modelli previsionali, continuano non soltanto a mantenere una sorprendente resilienza, ma a spingersi verso nuovi massimi; e lo fanno — è bene sottolinearlo — nonostante una volatilità implicita tutt’altro che trascurabile, una riduzione strutturale della crescita delle IPO e un contesto regolatorio che, in altri momenti storici, avrebbe potuto generare movimenti ben più erratici. Ci si domanda allora: a che cosa si deve questa forza inattesa?

La risposta, benché solo apparentemente semplice, si annida nel cuore stesso della meccanica di mercato, là dove il rapporto tra domanda e offerta — ben più che una categoria teorica — si traduce in un fattore determinante dei prezzi. E se, come sembra suggerire la lettura attuale, il mercato azionario è sostenuto da una domanda crescente a fronte di una scarsità relativa dell’offerta, l’ascesa dei listini non appare affatto illogica. Anzi.

Il numero delle offerte pubbliche iniziali, che pure aveva conosciuto un’espansione notevole nel biennio pandemico — basti pensare al record del 2021, con oltre 1.000 IPO registrate nel solo mercato statunitense —, è crollato a partire dal 2022, segnando un’inversione di tendenza profonda, il cui impatto si avverte oggi nei flussi di capitale, che si concentrano più sul riacquisto di azioni esistenti che sull’emissione di nuove. In altre parole, la scarsità di offerta, lungi dall’essere un ostacolo, rappresenta oggi il principale fattore propulsivo dei mercati.

Nel frattempo, i grandi conglomerati — a cominciare dalle Big Tech, ma non solo — sembrano aver riscoperto, con sorprendente vigore, l’attrattiva strategica dei buyback, che, riducendo il flottante, agiscono come leva della domanda, incrementando meccanicamente il valore azionario per azione. Così, mentre Apple annuncia piani di riacquisto da 100 miliardi di dollari e Goldman Sachs prevede che, nel 2025, il volume complessivo dei buyback supererà il trilione, l’equilibrio domanda-offerta si piega sempre più verso un’asimmetria sistemica che i mercati premiano con nuovi record.

Tutto ciò accade, sia chiaro, in un ambiente in cui l’offerta di obbligazioni sovrane e corporate ha assunto proporzioni tali da mettere sotto pressione persino la capacità di assorbimento dei mercati primari. I 17.000 miliardi di nuove emissioni previste dall’OCSE per il 2025, insieme ai 35.000 miliardi di stock corporate, raccontano un mondo in cui la fame di liquidità degli Stati non sembra destinata a placarsi. Ma mentre l’universo dei bond rischia di ingolfarsi, quello dell’equity si distingue per l’effetto opposto: scarsità di offerta e solidità di domanda.

Questa dinamica divergente, che vede il debito crescere in abbondanza mentre il capitale di rischio si ritira selettivamente, ci offre una chiave di lettura nuova: non è tanto il macroclima a trainare i mercati quanto la microstruttura delle loro forze interne. Se, in altri tempi, l’espansione del credito coincideva con un’espansione dell’equity, oggi la relazione si è spezzata, e ciò che resta è un mercato azionario che prospera proprio grazie alla sua relativa scarsità.

Non si tratta, evidentemente, di un meccanismo eterno né immune da inversioni, ma, finché l’asimmetria tra buyback e IPO persisterà, e finché gli investitori percepiranno le azioni come scarse e le obbligazioni come abbondanti (e quindi inflazionate nel loro valore), l’equity manterrà la sua attrattiva, e i prezzi continueranno a riflettere più l’equilibrio interno della domanda che le incertezze dell’economia reale.



 





 

Informazioni fornite in modo indipendente da un nostro partner nell’ambito di un accordo commerciale tra le parti. Contenuti riservati a un pubblico maggiorenne.

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO AD AGOSTO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU