È opera di Fabrizio Manoni, guida alpina e instancabile protagonista del nuovo alpinismo esplorativo in Ossola, la nuova via di arrampicata sul Pizzo Fornalino tra Val Bognanco e Valle Antrona. L’itinerario tracciato da Manoni, tra ottobre e novembre, gli ha richiesto di tornare tre volte sulla parete, per terminarlo una quarta con l’amico Paolo Stoppini, si presenta tra i più impegnativi sui monti dell’Ossola: lunghezza 300 metri, 8 lunghezze di corda fino al 7b+; grado di impegno globale RS2, vale a dire arrampicabile con l'esigenza di integrare le protezioni presenti che sono ad una distanza non ravvicinata.
Racconta Fabrizio Manoni: “L'abbiamo chiamata "Lo spirito del Geppo", perché mi piace pensare che lo spirito di mio cugino Claudio Manoni, morto giovanissimo sulla parete est del Mittelruck, aleggi ancora tra queste montagne che erano la sua grande passione”.
In questi anni in cui l’alpinismo ossolano (e non solo) è alla ricerca di nuovi terreni di avventura, vengono (ri)scoperte montagne prima neglette e abbandonate. È il caso del Fornalino. È ancora Fabrizio Manoni a raccontarne la storia: “Il Fornalino è una montagna spartiacque tra alta valle Antrona e alta Valle Bognanco, conosciuta più dai local che dal vasto pubblico degli appassionati di escursionismo. A parte avere una via normale riservata ad escursionisti esperti, ha anche una bella parete rivolta a est. Alta circa 300 metri, è stata scalata per la prima volta nel 1949 dai domesi Silvio Borsetti (che nel 1947 aveva scalato per primo lo spigolo della Rossa), Aldo Provera e Stefano Zani. Si dovranno aspettare altri 31 anni per vedere ancora esseri umani attaccarsi ai suoi appigli. Nell'inverno 1980 l'esploratore Ambrogio Fogar, con Ambrogio Veronelli e la guida di Erba Graziano Bianchi raddrizzano a sinistra la linea dei domesi. La terza salita conosciuta è ad opera dei giovanissimi Graziano Masciaga e Claudio Manoni lungo la “via dei domesi”. Quarantacinque anni dopo eccoci, io e Paolo Stoppini, a strizzarne i fragili appigli. È stato difficile trovare una linea scalabile sul pilastro centrale tra strapiombi e roccia che "stac" e ci faceva volare via. Alla fine è venuta fuori una bella linea. Piuttosto impegnativa.”






