In occasione delle festività natalizie, riportiamo il testo dell’omelia di don Vincenzo Barone, parroco di Domodossola, pronunciata durante la messa di Natale.
“Questa notte è diversa da tutte le altre. Il mondo continua a essere avvolto da molte ombre: paure, guerre, solitudini, cuori stanchi. Eppure, proprio in questa notte la più santa dell’anno, la Chiesa osa proclamare una notizia che cambia la storia: una luce è sorta. Non una luce abbagliante, ma una luce umile; non un lampo che ferisce gli occhi, ma una fiamma che scalda il cuore. È la luce fragile di un Bambino, deposto in una mangiatoia. Eppure, è la luce che vince la notte.
Gli angeli annunciano: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». Il Natale è questo: Dio accende la pace. Non come il mondo la intende, non come equilibrio di forze o assenza di conflitti, ma come dono che nasce dal cuore di Dio e chiede di essere accolto nel cuore dell’uomo.
Accendi la pace nel cuore.
La pace nasce dentro nel cuore. Dio non entra nei palazzi, ma nel silenzio di una grotta. Dio sceglie una mangiatoia: il luogo dove si nutrono gli animali. È come se volesse dirci che Cristo viene a nutrire la fame più profonda dell’uomo, quella di amore, di pace, di senso. Non si impone, ma chiede spazio. Quanta inquietudine abita i nostri cuori: paure, ferite, sensi di colpa, rancori antichi, stanchezze nascoste. Il Bambino di Betlemme viene a dire: “Lasciami entrare, posso fare nuova ogni cosa.” Questa notte ci rivela chi è Dio: non un Dio lontano, ma un Dio vicino; non un Dio che domina, ma un Dio che si affida; non un Dio che spaventa, ma un Dio che chiede di essere accolto. Accendere la pace nel cuore significa lasciarsi riconciliare: con Dio, con se stessi, con la propria storia. Questa notte il Signore non chiede perfezione, chiede solo una porta socchiusa.
Accendi la pace nella famiglia.
La prima dimora della pace è una famiglia: Maria, Giuseppe e Gesù. Una famiglia povera, provata, fragile… eppure abitata da Dio. Il Natale entra nelle nostre case così come siamo: con le fatiche del vivere insieme, con le parole non dette, con le ferite che ancora bruciano. Accendere la pace in famiglia è scegliere il perdono, è spegnere il rancore e riaccendere il dialogo, è tornare a guardarci non come avversari, ma come dono. Questa notte il Bambino ci chiede: “Per me, fate spazio alla pace tra voi.”
Accendi la pace nella comunità
I primi a correre alla mangiatoia sono i pastori: diversi, poveri, imperfetti. Il presepe è una comunità radunata non dalla bravura, ma dalla grazia. Anche le nostre comunità sono segnate da tensioni, da giudizi, da divisioni sottili ma reali. Il Natale ci ricorda che la Chiesa nasce in ginocchio, non nel confronto, ma nell’adorazione. Accendere la pace nella comunità significa scegliere la comunione, custodire l’unità, imparare a volerci bene non perché siamo uguali, ma perché siamo fratelli.
Accendi la pace tra i cristiani.
Gli angeli cantano “pace in terra”, ma quella pace inizia da chi porta il nome di Cristo. Un mondo ferito attende cristiani riconciliati, non perfetti, ma credibili; non aggressivi, ma luminosi; non divisi, ma uniti dall’unico Signore. La pace che nasce a Betlemme chiede di attraversare le nostre parole, i nostri gesti, le nostre scelte quotidiane.
Il Natale non è solo una festa da celebrare, è una pace da incarnare. Fratelli e sorelle, questa notte Dio accende la pace. È una fiamma piccola, come un neonato, ma capace di scaldare il mondo. Custodiamola nel cuore, difendiamola in famiglia, alimentiamola nella comunità, testimoniamola come cristiani. E come i pastori, torniamo alle nostre case glorificando e lodando Dio, perché oggi, nella notte, ci è nato il Principe della pace”.





