È uscito il primo libro che racconta la storia della vite e del vino in Ossola scritto da Pierfranco Midali, ex sindaco di Viganella ed ex presidente dell’Associazione dei Produttori Agricoli Ossolani, con la passione della cultura locale, delle tradizioni e dell'agricoltura, e Bruno Pavesi, anche lui appassionato della storia del territorio. Il libro, arricchito di foto, fa comprendere ai lettori come la viticoltura eroica abbia plasmato il paesaggio. “Ossola di vino Ossola divina” è il titolo del lavoro, già presente nelle librerie. Tutto è nato da un certosino studio svolto da Bruno Pavesi, che con passione ha ricercato i toponimi di tutte le località, ossolane in cui cresceva la vite.
«Non ho potuto esimermi - racconta Midali - dall’accettare la proposta di scrivere un testo legato alla storia del vino, quando Bruno venne a trovarmi con un manoscritto in cui erano elencate tutte le località ossolane, in cui cresceva la vite».
«Chi osserva il paesaggio attuale – aggiunge Bruno Pavesi - con i pochi vigneti rimasti, stretti e regolari, abbarbicati su terrazze scoscese dove la vite si arrampica sulle topie e fin quasi a mille metri d’altitudine, lasciandosi alle spalle i centri abitati, non può non volare con la memoria ai tempi andati quando la vigna imperava ovunque».
Con l'opera gli autori hanno cercato di descrivere lo stretto legame che mette in relazione il vigneto storico con gli spazi a esso dedicati da una coltura del vigneto capace di tradurre in risorsa economica la passione dei viticoltori. Una particolare coltura vitivinicola che è soprattutto conoscenza locale del territorio e in subordine competenza enologica. Il libro cerca di dimostrare come l’attività vitivinicola fosse in primis legata alle località ossolane che furono in grado di organizzare il proprio territorio con precise regole di sfruttamento, e in seconda battuta come il vigneto abbia saputo caratterizzare anche il folclore, le usanze, le tradizioni e la demologia nostrana. Sulla copertina è raffigurata la mano callosa di un viticoltore che regge un grappolo di prezioso Prunent.
È la foto di un quadro olio su tela, realizzato dal pittore Ugo Pavesi di Villadossola appositamente per il libro.
Nella prefazione dello storico del dialetto Felino Sarazzi viene evidenziato come gli autori, preoccupati dallo spopolamento delle frazioni, abbiano sentito la necessità di “fissare” la realtà geografica storica e socio-culturale dei nostri piccoli nuclei affinché non si perda la conoscenza delle origini. Il compendio finale dell’opera è un trattato sulla viticoltura contemporanea redatto da Michele Colombo, l’agronomo che da qualche anno sorregge tecnicamente il settore viticolo ossolano.
«Sono un agronomo - racconta Michele - che ha sempre gli scarponi sporchi in macchina e che non più di cinque anni fa ha avuto il privilegio di essere scelto dall’Associazione produttori Agricoli Ossolani (APAO) per diventarne l’agronomo di riferimento dell’Ossola. Quello che ho raccontato nel libro è quanto ho vissuto e visto su questo straordinario territorio. Ho cercato di narrarlo con gli occhi di un tecnico appassionato che si è approcciato a un territorio per lui nuovo, con la curiosità della scoperta, l’ambizione di apportare qualche miglioramento e spero, senza troppa presunzione, nell’identificare delle possibili soluzioni».
Un capitolo è dedicato all’associazione dei Produttori Agricoli Ossolani. La rinascita enologica del territorio va senza dubbio attribuita al sodalizio che prese in mano le redini del settore viticolo grazie a una visione politica particolare rispetto al passato.
L’Associazione, nata sul finire del XX secolo per volontà della Comunità Montana Valle Ossola, ebbe l’incarico di far crescere il patrimonio agricolo della Valle. La missione affidata ai membri del Consiglio associativo fu quella di fornire un contributo tecnico specializzato agli agricoltori ossolani per consentire loro di fare sistema e arrivare a creare prodotti di qualità in grado di essere competitivi sul mercato. Una sezione del testo racconta, poi, il passato dei vitigni che fecero la storia della viticoltura in Ossola. Ne sono stati trovati tanti, sia nei documenti, sia nelle testimonianze.
Dall’Agresto, l’uva selvatica citata anche nella Bibbia, che rappresenta la genesi della viticoltura, al Prunent il fiore all’occhiello della nostra enologia. A quest’ultimo vitigno, e al vino da lui prodotto è stato dedicato ampio spazio in considerazione del fatto che la rinascita del settore enologico ossolano è dovuta alla ricerca e alla tutela di questa straordinaria varietà di Nebbiolo.