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Enogastronomia | 26 novembre 2024, 14:35

Dom Pérignon: viaggio (nel tempo e nello spazio) alla scoperta delle curiosità sullo champagne per eccellenza

A tutti, almeno una volta, è venuto in mente di cucinare, magari in occasione di un appuntamento galante, una cena speciale. In questi casi, nulla come lo champagne è capace di rendere l'atmosfera esclusiva.

Anche chi si approccia per la prima volta al mondo di questo vino, sentendo le parole "Dom Pérignon" sicuramente vede immagini all'insegna dell'eleganza e dell'esclusività. Nulla di strano: parliamo, infatti, di quello che è considerato lo champagne per antonomasia.

Non a caso, è da sempre uno dei più venduti su e-commerce verticali come Tannico, portale apprezzato sia dagli enologi esperti, sia da chi muove i suoi primi passi nel mondo del vino anche per iniziative come quella che, a inizio ottobre, ha visto la proposta al mercato di un'edizione speciale del Dom Pérignon Vintage del 2015 in confezioni ed etichette che riproducevano parti del dipinto In Italian di Jean-Michel Basquiat, il James Dean dell'arte moderna, a dimostrazione di come l'enologia abbia un legame profondo con l'arte in quanto entrambe espressioni di creatività e cambiamento.

Dal momento che, quando si parla di bere bene, la cultura in materia e la consapevolezza delle scelte relative al vino fanno la differenza, vediamo assieme alcune curiosità legate al Dom Pérignon.

La prima? Il nome che la bottiglia porta non è quello di un'azienda, bensì di un tipo di champagne prodotto, ormai da più di cento anni, da Moët & Chandon.

Ti sorprendiamo ulteriormente con una... curiosità nella curiosità. Il Dom Pérignon ha avuto una genesi lunga, come tutte le novità che, a modo loro, cambiano il mondo: a fronte di una prima annata risalente al 1921, la commercializzazione delle bottiglie ha preso il via solo nel 1936.

Il nome stesso di questo champagne racconta di quella dedizione e di quella passione profonda capaci di smuovere tantissimo e di portare alla nascita di qualcosa di speciale e unico.

Questa eccellenza era l'obiettivo dell'abate Pierre Pérignon, vissuto nel XVII secolo e, per lunghi anni, direttore della cantina dell'abbazia di Hautvillers, in Francia. Il religioso era un fautore convinto del ruolo del lavoro duro e continuo come mezzo per avvicinarsi a Dio e concretizzava questa sua convinzione nella creazione di quello che, secondo i suoi obiettivi, sarebbe dovuto diventare il miglior vino del mondo.

In questo caso, è doveroso indossare ancora più saldamente il cappello degli esperti di storia e rammentare che, secondo i documenti ufficiali, il trucco di aggiungere un po' di zucchero al vino per dare il via alla seconda fermentazione, uno degli step della creazione dello champagne, sarebbe stato messo in pratica in abbazia circa un lustro prima del suo arrivo. 

Attenzione, ciò non vuol dire che a lui non si debba nulla: possibile, infatti, è attribuirgli diverse innovazioni, in primis l'introduzione dei tappi di sughero al posto della cera.

Rigorosamente millesimato - in ogni processo di imbottigliamento, si utilizzano uve di un medesimo anno ed è questo il motivo per cui, alcuni anni, non si può avere subito un polso della produzione - è legato a un metodo molto preciso anche per quanto riguarda il processo di immissione sul mercato. Si parte con la già citata fase del Dom Pérignon Vintage, che entra in gioco nove anni dopo la vendemmia. La seconda, che arriva dopo 12 - 15, è nota come Dom Pérignon P2. La terza fase - in gergo tecnico si parla di Plénitudes - vede le bottiglie arrivare nei canali di distribuzione 25 anni dopo la vendemmia.

In questo lasso di tempo, i lieviti raggiungono un livello di invecchiamento così particolare da rendere il Dom Pérignon un'esperienza di gusto che ha attraversato i secoli e conquistato milioni di palati.

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