L’impatto della pandemia su una drammatica crisi economica e sociale porta alcuni a pensare che non ci sia molto da festeggiare, specie per i milioni di persone che il lavoro l’hanno perso e per chi è stato colpito nei propri affetti; per chi è senza un lavoro; per chi, pur essendo occupato, si trova in condizioni di sfruttamento, di forte instabilità o di discriminazione (come nel caso di molte donne, di molti migranti e di molti giovani); o di fronte a quanti per il lavoro hanno perso la vita. Senza dimenticare chi, nella scandalosa indifferenza delle nazioni, fugge da guerre e povertà per cercare altrove un lavoro e un futuro.
Eppure il Primo Maggio, soprattutto per queste persone e per essere solidali al dolore di tante famiglie, ha ancora più valore perché - fin dal secondo Ottocento, grazie a tante rivendicazioni spesso pagate col sangue - celebra ed evoca il riscatto dall’oppressione e rilancia le lotte per i diritti e la dignità. Il lavoro è un atto di coraggio quotidiano, personale e collettivo, innanzitutto di chi lo cerca o cerca di non perderlo. Il lavoro incarna e reclama una ripartenza che abbracci realmente tutti e permetta una profonda conversione non solo del sistema produttivo, ma ecologica, sociale e civile. Per questa ragione, per uscirne migliori, II coraggio del lavoro è il messaggio che vogliamo dare.
In questi durissimi mesi, i sacrifici, lo studio e l’ingegno di molte lavoratrici e di molti lavoratori, di tanti imprenditori, hanno dimostrato che il mondo del lavoro è la leva principale per avviare una profonda conversione della nostra società, ad iniziare dalle regole che governano l’economia. I frutti complessivi dell’operosità e dell’Innovazione di chi lavora devono avere una destinazione universale, che assicuri a tutti di essere parte attiva del mondo del lavoro in modo dignitoso, in sempre più in settori e con competenze nuove; devono, altresì, incarnare il rispetto e la custodia del nostro pianeta, anziché la sua distruzione.
Acli Vco