Le foto dei suoi viaggi tra Kiev e Washington campeggiano sui social. Non capita tutti i giorni che un politico di casa nostra faccia cose “di peso”, come è capitato la scorsa settimana a Enrico Borghi, deputato del Partito Democratico che ha compiuto due visite istituzionali a Kiev, nel cuore dell’Ucraina devastata dalla guerra, e a Washington (dove è entrato addirittura alla Casa Bianca per una riunione!). Ci siamo rivolti a lui per saperne di più di questi viaggi.
On. Borghi, cominciamo dal primo viaggio: come mai a Kiev?
“Faccio parte di un network europeo di 300 parlamentari di diversi paesi, sorto subito dopo l’aggressione di Putin, e denominato 'United for Ukraine'. Lo scopo è creare solidarietà e dare aiuto al popolo ucraino e alle sue istituzioni, provate da questa terribile guerra di invasione. Il Presidente della Rada, il parlamento ucraino, ha ritenuto di invitare un numero ristretto di parlamentari di tutta Europa in vista del Consiglio Europeo del 23 giugno, e per questo siamo partiti”.
Che situazione ha trovato?
“Ho trovato le cose che mi avevano raccontato i miei nonni dell’Ossola nel 1944. La guerra. La morte. Case sventrate, bruciate, distrutte. I grattacieli di Kiev sbrecciati dai missili russi. Il male assoluto di Bucha, Borodjanka, Irpin. Il suono delle sirene antiaereo e i rifugi. Il coprifuoco. Ma anche un popolo di una grande dignità, anche se colpito e impoverito, che sta difendendo la propria indipendenza e la propria libertà”.
Cos’è uscito dai vostri incontri?
“Abbiamo fatto numerosi incontri, sia con il governo che con il parlamento che con esponenti della società civile (penso in particolare all’incontro con il nunzio apostolico di Kiev Visvaldas Kulbokas). I messaggi sono stati sostanzialmente tre: Primo: aiutate l’Ucraina ad entrare nell’Unione Europea, perchè altrimenti sarebbe una vittoria di Putin. Secondo: sostenete la nostra resistenza, perchè solo con la tecnologia e il supporto militare possiamo compensare le perdite umane. Terzo: fate presto, perchè qui ogni giorno c’è gente che muore. E non pensiate che se Putin vince si fermerà a Kiev”.
Come ha raggiunto Kiev?
“Con un viaggio piuttosto rocambolesco: aereo fino a Varsavia, pullman fino al confine con l’Ucraina, e da lì dodici ore di treno nella notte fino alla capitale ucraina. Con una fermata obbligata a Leopoli nel cuore della notte, a causa di un allarme aereo, che poi ritroveremo alla partenza da Kiev. Il suono lugubre della sirena che annuncia il possibile bombardamento è qualcosa che ti resta dentro”
Cosa l’ha colpita di più?
“Ho provato a descrivere le sensazioni in un reportage che Stefano Feltri, direttore del quotidiano 'Domani', mi ha chiesto di scrivere per il suo giornale. Sul piano umano, le fosse comuni di Bucha, le fotografie degli assassinii di gente decimata e trucidata, civili, uomini e donne, spezzano il cuore. Così come gli spari e le bombe sulle scuole, sui giochi dei bambini. E la volontà di annientare l’identità di un popolo, facendo saltare i monumenti. Su un altro piano, mi ha colpito la fierezza e la consapevolezza di un popolo intero.”
Ne ha ricavato anche qualche lezione per l’Italia?
“Le rispondo con una frase di Olena Kondratiuk, la deputy speaker della Rada, che mi sono appuntato: “Putin vuole sfruttare la fatica di alcune opinioni pubbliche occidentali. Ma voi dovete sapere che l’Ucraina sta difendendo anche la sicurezza e i valori europei. Se ci abbandonate, abbandonate voi stessi”.
Veniamo alla seconda visita: Washington
“Si è trattata di una visita istituzionale del Copasir, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, del quale faccio parte”
Abbiamo visto che si è trattato di una serie di incontri di altissimo livello: Pentagono, Dipartimento di Stato, Dipartimento del Tesoro, Dipartimento dell’Energia, il Campidoglio, addirittura la Casa Bianca!
“Sì. Direi che da questa serie di incontri sono uscite almeno tre direttrici. La prima: il riconoscimento all’Italia e alla UE di prontezza e unità sulla crisi ucraina, smentendo le fake news sulla presunta debolezza e lentezza delle democrazie. La seconda: l’esigenza di rafforzamento del coordinamento tra le intelligence dei nostri Paesi, perchè i problemi globali oggi esigono cooperazione e coordinamento tra democrazie. La terza: grande attenzione al tema della disinformazione -russa e cinese anzi tutto- usata come un’arma nel conflitto in corso”.
Può darci qualche informazione più in dettaglio?
“Sono state riunioni classificate. Quello che posso dire è che si sono condivise valutazioni sullo svolgimento del conflitto tra Russia e Ucraina, sulla prospettiva di una difesa comune europea in ambito NATO, sulle forme di collaborazione tra intelligence e sull’importanza dell’aerospazio, sull’importanza della cybersicurezza e della tutela dagli investimenti ostili. Nel corso degli incontri, abbiamo più volte evidenziato il ruolo dell’Italia e del Mediterraneo allargato e l’importanza di una politica occidentale e transatlantica sull’Africa, in considerazione della rilevanza cruciale che questo continente sta progressivamente assumendo”.
Abbiamo visto, nelle foto postate sui social, la sua visita sulla tomba dei Kennedy…
“Si, sono stato nel cimitero militare di Arlington, dove riposano gli eroi di guerra americani. John e Robert Kennedy sono morti sul campo. Senza di loro, senza il loro pensiero e il loro esempio non avrei fatto ciò che faccio, ma soprattutto milioni di donne e di uomini nel mondo avrebbero perso la speranza di una idea di libertà, di emancipazione, di giustizia. Continuano ad essere una grande fonte di ispirazione perchè, come disse JFK, bisogna essere idealisti senza illusioni, e perchè gli uomini possono morire, le nazioni possono sorgere e cadere, ma un’idea sopravvive. E con essa, la speranza di un mondo migliore”.