“Polverizzati in due mesi o poco più. Ecco che fine hanno fatto i fondi aggiuntivi - 20 milioni - annunciati dal presidente Cirio e l’assessore Riboldi e approvati con Dgr del 10 marzo 2025 finalizzati alla riduzione delle liste d’attesa. Il portafoglio è vuoto mentre i tempi per un esame o una prestazione sono ancora lunghi, anzi lunghissimi”. Sono parole di Domenico Rossi, consigliere regionale del Pd, in seguito ad un’interrogazione presentata all’assessore regionale alla sanità Federico Riboldi.
Prosegue Rossi: “Basta dare un’occhiata ai siti delle aziende sanitarie dove sono riportati gli ultimi rilevamenti: alle Molinette 296 giorni di attesa per una prima visita cardiologica, 198 per una mammografia, 364 per una visita oculistica. Per rimanere su Torino un anno di attesa per una visita dermatologica, 255 giorni per una gastroenterologica e 302 giorni per una pneumologica al Regina Margherita, mentre sono 277 i giorni di coda per una mammografia al Sant’Anna. Se ci spostiamo a Novara, l’altro hub ospedaliero del Piemonte, i pazienti aspettano 470 giorni per una colonscopia, 312 per una mammografia, 190 per una visita cardiologica. Nel mezzo gli altri ospedali, ambulatori e presidi tutti in sofferenza e dove impressiona la lista di prestazioni nemmeno disponibili”.
“Purtroppo l’assessore – sottolinea Rossi - ha confermato che i fondi sono esauriti e che per ora sono in corso interlocuzioni con il ministero e con gli uffici del bilancio per individuare nuove risorse che, però, ad oggi non ci sono. L’ennesimo provvedimento spot che conferma quanto il sistema sia sottofinanziato e non sia in grado di rispondere ai bisogni di salute. Per affrontare seriamente il problema delle liste di attesa in Piemonte non servono palliativi ma una strategia a medio e lungo termine. Soprattutto occorre mettere da parte la propaganda e riconoscere il problema e farsene carico in modo responsabile: lo chiediamo, inascoltati, da anni”.
L’accordo siglato con i sindacati prevedeva che, per sei mesi, le ore lavorate in più di medici e infermieri per normalizzare le performance dei servizi pubblici venissero pagate in straordinario 60 euro: “Un tentativo naufragato dopo soli due mesi, in contrasto con la propaganda a cui Cirio e Riboldi ci sottopongono tutti i giorni su visite serali e nei weekend. Come dare continuità alle prestazioni aggiuntive? Alla fine, sono i dipendenti che si fanno carico di un ulteriore sforzo mentre continuano a lavorare con colleghi gettonisti pagati con cifre esorbitanti”.
“La verità - conclude Rossi - è che ci avviciniamo al piano di rientro per incapacità della destra in regione e per volontà politica della destra al governo nazionale che sta definanziando il sistema sanitario nazionale. Operatori sanitari e cittadini ne pagano le conseguenze”.