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Sanità | 17 luglio 2025, 18:15

Prenota una visita specialistica e gli indicano il San Biagio: ma il paziente è di Mondovì

Lo ha denunciato il consigliere regionale Mauro Calderoni (Pd): «Altro che diritto alla salute e percorsi di tutela per i pazienti»

L'ospedale San Biagio di Domodossola e il consigliere regionale Mauro Calderoni

L'ospedale San Biagio di Domodossola e il consigliere regionale Mauro Calderoni

Una visita specialistica? Sì, a oltre 270 chilometri di distanza. Ma questa volta a farne le spese è stato un paziente del Cuneese che si è visto dirottato a Domodossola per una visita specialistica.

Lo ha denunciato il consigliere regionale Mauro Calderoni (Pd).

«Altro che diritto alla salute e percorsi di tutela per i pazienti: oggi in Piemonte può capitare che, per una semplice visita specialistica, il Servizio Sanitario Regionale ti mandi a oltre 200 chilometri da casa, senza porsi il problema di chi non ha mezzi o possibilità di affrontare questi spostamenti. È evidente che così si svuota di senso ogni garanzia di accesso alle cure» ha detto in aula il consigliere Pd, dopo la risposta ricevuta dall’assessore alla Sanità Federico Riboldi a una sua interrogazione sul tema.

Calderoni aveva portato in aula il caso di un paziente residente a Mondovì a cui è stato indicato come sede più vicina per una visita specialistica Domodossola, con oltre 270 chilometri di tragitto e tre ore di viaggio per l’andata. 

«Situazioni non isolate - ci spiega Calderoni - che colpiscono in particolare le persone più fragili e rischiano di spingere verso il privato chi non può affrontare  viaggi estenuanti. Dalla Giunta, però, nessuna reale presa d’atto del problema. L’assessore si è limitato a ripercorrere normative e regolamenti vecchi di anni e ha ipotizzato, con grande fantasia, ma poca concretezza, la creazione di un servizio di “trasporto sanitario semplice”, una sorta di taxi sanitario per chi deve spostarsi troppo. Un’idea ancora in fase di studio che non risolve il problema di fondo: non si può considerare disponibile una prestazione sanitaria se richiede al cittadino di attraversare mezza regione». 

«Chiediamo – conclude - che la Regione introduca un criterio di prossimità territoriale chiaro, fissando un limite ragionevole di distanza, ad esempio 50 o 80 chilometri al massimo, oltre il quale la prestazione deve essere garantita con altri strumenti, coinvolgendo anche il privato accreditato locale. Altrimenti il cosiddetto Percorso di Tutela resterà solo sulla carta».

Renato Balducci

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