Nessun ridimensionamento della ‘ndrangheta in Piemonte, ma il Vco sembra “scomparire” dalla mappa regionale. Una buona notizia, per quanto riguarda la nostra area, che emerge dalla relazione semestrale che di recente la Dia (Direzione investigativa antimafia) ha inviato al Parlamento italiano sulla presenza dei boss.
L’allarme generale lanciato dalla Dia parte lontano: ha radici ben radicate, fin dagli anni ’50, la mafia in Piemonte. Ma rispetto al passato ora sembra esserci un’inversione di tendenza che la rende (ancor) più subdola, rendendola “una seria minaccia allo scenario socio-economico” della nostra regione. “Allo stato attuale – si legge nella relazione della Dia – non vi sono segnali relativi a un ridimensionamento della ‘ndrangheta in Piemonte che, invece, si ritiene potrà continuare a rivestire un ruolo di primissimo piano. Ciò grazie alle più volte sottolineate strutturazioni e capillarità dei sodalizi ‘ndranghetisti, nonché per la strategica pacifica convivenza con quelli di altra matrice ivi presenti”. Le locali della ‘ndrangheta spiccano, soprattutto, a Torino e Asti.
Nessun allarme particolare, si diceva, per il Vco. Scrive la Dia: “La provincia del Verbano Cusio Ossola costituisce l’estremità del Piemonte protesa verso la Svizzera. Tale conformazione geografica impone un’alta soglia di attenzione investigativa sia per i consolidati insediamenti ‘ndranghetistici in terra elvetica, sia perché tale Paese è da sempre di appetibile interesse delle mafie nostrane. Benché non vi siano pronunce giudiziarie che sanciscano la presenza strutturata di gruppi criminali organizzati in provincia, si ha comunque cognizione della presenza di personaggi contigui ad ambienti malavitosi. Soggetti di diversa nazionalità risultano impegnati principalmente nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti. Si segnalano infatti diversi recenti sequestri in particolare di cocaina, eseguiti nella via di transito in ingresso in Italia”. E anche la vicina provincia di Novara che “costituisce lo spartiacque tra il Piemonte e la Lombardia ed è pertanto a rischio di permeabilità da parte dei sodalizi attivi nelle limitrofe province lombarde”, non rientrerebbe nel novero delle aree a maggior rischio.