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Politica | 22 giugno 2025, 17:41

''Dopo il fallimento delle Unioni serve il modello francese''

Nostra intervista al parlamentare Enrico Borghi, visto il mancato decollo dei nuovi enti che hanno sostituito le comunità montane

''Dopo il fallimento delle Unioni serve il modello francese''

Il Piemonte è passato dalle vecchie 48 Comunità montane alle 54 Unioni montane. Ma la trasformazione, oltre a moltiplicare questi enti, non pare aver reso un bel servizio ai territori. Tant’è in alcune parti della nostra regione molti comuni stanno cambiando Unione e altri hanno deciso di abbandonare quella in cui erano entrati.

L’ossolano Enrico Borghi, senatore di Italia Viva, era stato a lungo presidente dell’Uncem, l’unione nazionale comuni e comunità montane. Che ne pensa di questa situazione?

Alcuni comuni del medio-basso Piemonte hanno cambiato Unione, altri  sono usciti da quelle in cui erano entrati. E' il risultato del fallimento della nascita delle Unioni Montane?  

“E’ il risultato di una legge fallimentare fatta dalla giunta Cota, la cosiddetta legge Maccanti, che poi il centrosinistra non seppe modificare. Ricordo che su questo ebbi una divergenza con l’allora vicepresidente Reschigna: io ero per cambiarla subito, lui tergiversò. E non se ne fece nulla. La legge è sbagliata perché consente a ogni comune di entrare e uscire dalle Unioni quando e come vuole. Basta un bisticcio tra sindaci,o il capriccio di qualche funzionario, e si smonta una istituzione. Così è impossibile programmare, non si governa il territorio e si creano enti fragili e soggetti ad ogni stormir di fronda. Ma il vero fallimento è della Regione Piemonte, che per motivi di facile consenso ha sempre rinunciato ad una politica di riordino territoriale. Lasciando in questo caso i piccoli comuni sempre più deboli, e sempre più subordinati ai voleri di Torino. Oggi in Piemonte si è creato un baratro tra le opportunità delle città e quelle dei territori rurali e montani. Poi ci lamentiamo se i territori si svuotano… senza governo e senza politica cosa può avvenire se non il declino?”

Altre regioni non hanno istituito le Unioni, hanno fatto bene?   

“Ho sempre avuto dubbi sul fatto che la competenza delle istituzioni locali associate dovesse essere regionale. È’ stato un errore del titolo V che ci ha consegnato un’Italia di Arlecchino. Servirebbe un disegno unitario, che però non c’è’ perché manca un pensiero su cosa siano oggi gli enti locali nel quadro nazionale. Prevale il galleggiamento.”

Quale dovrebbe essere la soluzione se si decidesse di chiudere le Unioni montane?

“Non si affronta mai la questione di fondo: la dimensione ottimale della gestione dei servizi comunali. Se vogliamo salvare i piccoli comuni, serve il modello francese:‘comunità di agglomerazione obbligatorie che gestiscono tutti i servizi socracomunali, concentrando in una sola istituzione la gestione e le scelte politiche e chiudendo il caravanserraglio di consorzi, unioni, associazioni di ambito, agenzie locali e via discorrendo. Senza una scelta politica coraggiosa e lungimirante, lasciando in piedi questo sistema alla fine non si farà altro che andare indietro. Le Comunità Montane di un tempo avrebbero dovuto evolvere in questa direzione. Invece ha prevalso prima la facile demagogia, e poi il conservatorismo di destra e di sinistra”

Renato Balducci

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