Si è conclusa la nona edizione di Ecoforum per l’Economia Circolare in Piemonte. Dopo gli allarmi lanciati dalla filiera del riciclo meccanico della plastica nello scorso settembre e quello lanciato dalla filiera del tessile nella scorsa primavera, Legambiente ha voluto affrontare il tema, dedicandovi una giornata di riflessione.
“I campanelli di allarme fatti risuonare dalle associazioni dei riciclatori rappresentano un forte elemento di preoccupazione – dichiara Sergio Capelli, direttore di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta -. Il fatto che, nonostante le normative sugli acquisti verdi delle pubbliche amministrazioni, i Cam e gli appalti verdi, il mercato non si dimostri ancora maturo per assorbire una quantità di materie prime seconde sufficiente per garantire la sopravvivenza della filiera del riciclo rischia di vanificare gli sforzi fatti negli ultimi due decenni, non è più accettabile. La politica nazionale deve prendere in carico questa situazione e trovare soluzioni definitive ad un problema che si trascina da troppo tempo. In particolare per quello che riguarda la plastica, è inaccettabile che gran parte del mercato preferisca utilizzare materie prime di origine fossile spesso importate a prezzi bassissimi, di fatto rischiando di azzerare il settore del riciclo. Quello stesso settore per cui siamo riconosciuti nel mondo e che è un elemento centrale per una transizione ecologica ed energetica e per quel processo di decarbonizzazione che dobbiamo necessariamente implementare. Da anni viene prorogata, ad esempio, l’applicazione di una Plastic Tax, che potrebbe essere uno dei provvedimenti chiave per migliorare la soluzione. Per quel che riguarda i tessili, è necessario la costruzione di una rete di impianti che possano realmente riciclare gli scarti. Come Legambiente lo diciamo da anni: rifiuti zero, impianti mille. Un buon riciclo, però, non può prescindere da un’ottima raccolta differenziata. Da anni assistiamo all’implementazione di sistemi di raccolta sempre meno responsabilizzanti di tutti gli attori in campo (cittadini, operatori, aziende di servizi) che danno come risultato, forse, un aumento della quantità della raccolta differenziata, ma determinano un forte deterioramento qualitativo della stessa, rendendo obbligatorio il ricorso ad una selezione dei materiali a valle, con costi ambientali ed economici elevati”.














