Poteva andare peggio. O forse no. L’Italia, infatti, non occupa l’ultima posizione in classifica ma alle sue spalle c’è solo la Bulgaria, in fondo all’Europa. Parliamo del livello di apprendimento linguistico analizzato dall’European Language Index di Preply che ha condotto un’analisi sui paesi UE per individuare il miglior ambiente dove studiare o perfezionare una seconda lingua in patria.
Lo studio statistico pubblicato il 31 marzo 2021 ha rivelato non solo la clamorosa posizione dell’Italia, che si piazza al 26° posto, ma evidenzia anche lo scenario europeo dei paesi che la compongono. Ecco la panoramica delle prime dieci posizioni: posto d’onore al Lussemburgo, seguito da Svezia e Danimarca cui succedono Cipro, Paesi Bassi, Malta, Slovenia, Belgio ed Estonia. Una prima analisi sommaria mostra quindi una certa ecletticità dei paesi del centro-nord, ad eccezione dei due piccoli stati isolani, Cipro e Malta, appunto. L’indagine non ha ovviamente preso in considerazione il Regno Unito per effetto della sua uscita dall’Europa via Brexit.
L’indagine è stata realizzata prendendo in considerazione 18 fattori valutati singolarmente da zero a 100 e successivamente inglobati in sette macroaree. Ecco in dettaglio di cosa si tratta: 1) il grado di padronanza della lingua straniera più conosciuta; 2) i sottotitoli e i voiceover impiegati in TV e al cinema; 3) la diversità linguistica; 4) l'accesso all'apprendimento digitale di uno o più idiomi; 5) il grado di plurilinguismo; 6) l'apprendimento linguistico a scuola; 7) il numero di lingue ufficiali di ogni paese oggetto di indagine.
Il Lussemburgo si presenta come paese virtuoso in cui il sistema pubblico-privato permette ai suoi cittadini di implementare bene la conoscenza di una nuova lingua, basti pensare che il 100% dei bambini della scuola primaria inizia a studiarne o perfezionarne una. Da questo punto di vista si muovono molto bene anche Cipro (100%), Malta (99,8%), Spagna (99,7) e Austria (99,5%). Ovviamente un solo indicatore non basta per valutare le performance di un paese. L’Italia, con il suo 95,3% non sarebbe così indietro, ma la classifica generale, come visto, è piuttosto eloquente.
Del resto anche il caso del sito web ufficiale del Governo italiano è piuttosto singolare. La piattaforma governativa, infatti, è consultabile solo in lingua italiana: caso piuttosto unico nel suo genere. L’Italia, con le sue 47 lingue sparse su tutto il territorio, con minoranze linguistiche numerose e localismi regionali caratterizzati da una miriade di dialetti, conserva paradossalmente un’ identità culturale forte, molto più forte di paesi apolidi stile Lussemburgo e proprio questo potrebbe motivare la difficoltà che in Italia si impari con più difficoltà una seconda o una terza lingua.
L’apprendimento linguistico nel ventunesimo secolo è indubbiamente un fattore di crescita individuale che consente l’inserimento e la progressione lavorativa di ogni individuo. È indubbio quindi che il sistema paese debba recuperare il gap per il bene dei suoi cittadini.