Il Senatore Enrico Borghi di Italia Viva ha interrogato il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per sapere se il comportamento tenuto dal sottosegretario Andrea Del Mastro delle Vedove, durante il giuramento dei neo agenti di polizia penitenziaria a Verbania, potesse risultare come una ‘rievocazione di una famosa invocazione fascista’.
Giuseppe Di Carlo, segretario generale della Federazione sindacati autonomi della polizia penitenziaria, attacca Borghi: “L’interrogazione non offende tanto il sottosegretario Del Mastro delle Vedove (non riteniamo abbia bisogno di noi quali difensori d’ufficio) ma offende trecento uomini e donne della polizia penitenziaria che hanno giurato di rispettare e difendere la Costituzione della Repubblica Italiana”.
“Ci chiediamo – prosegue Di Carlo - ma dov’è tutta l’attenzione dei parlamentari quando si tratta di risolvere i trentennali problemi che affliggono le carceri italiane? Questi delicati temi non danno risonanza mediatica, meglio dare del ‘fascista’ a quel losco figuro del sottosegretario unitamente ad un nutrito contingente di polizia penitenziaria, piuttosto che rimboccarsi le maniche e dare respiro all’amministrazione penitenziaria con provvedimenti legislativi degni di questo nome”.
Sottolinea il segretario del sindacato: “Con la rievocazione fascista si vogliono coprire le nudità di una mala gestione della nazione perpetrata negli ultimi 30 anni, con discese inarrestabili in termini di qualità dei servizi ai cittadini, per la sanità, la giustizia, la scuola, l’esecuzione penale, il lavoro (primo dovere dei cittadini in una società più giusta) e tentare di governare la nazione con accordi di palazzo come è stato fatto fino a poco tempo fa. Ora i cittadini hanno scelto un Governo, legittimo, democratico, con un’ampia maggioranza e saranno i cittadini, quando chiamati alle urne, a decidere chi governerà la nostra Repubblica, sofferente, malconcia, ma con dei giovani agenti che hanno ancora voglia di cantare “I migliori siamo noi”! E vorrei vedere che non fosse così – conclude Di Carlo - anche per il solo puro coraggio che ci vuole a lavorare nelle nostre carceri italiane”.