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Territorio | 05 settembre 2025, 16:18

Sul Monte Rosa la settima edizione di climbing for climate

Promossa dalla Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile, l’iniziativa vedrà i delegati degli Atenei visitare il Ghiacciaio Indren

Il Monte Rosa

Il Monte Rosa

Domani, sabato 6, e domenica 7 settembre si svolgerà sul Monte Rosa la settima edizione dell’evento Cfc - Climbing for Climate, che avrà come temi lo stato dei ghiacciai sofferenti e la resilienza delle comunità alpine al tempo della crisi climatica. L’iniziativa è promossa dalla Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile (RUS) ed è organizzata dall’Università di Brescia e dalle Università della RUS Piemonte (Università di Torino, Università del Piemonte Orientale, Politecnico di Torino e Università di Scienze Gastronomiche), in collaborazione con il Club Alpino Italiano (CAI), le sezioni CAI Torino e Varallo, le Guide Alpine del Monte Rosa e il Comitato Glaciologico Italiano.

Il programma prevede due giornate di escursioni, conferenze ed eventi. Domenica, i delegati della RUS visiteranno - salendo in funivia - il Ghiacciaio di Indren con l’ausilio del CAI e delle Guide Alpine del Monte Rosa e degli operatori del Comitato Glaciologico Italiano. Sarà presente anche la Rettrice eletta di UniTo Cristina Prandi.

L'osservatorio 

La Valsesia, con Alagna e il massiccio del Monte Rosa, rappresenta un osservatorio privilegiato per comprendere gli effetti del cambiamento climatico. In questo contesto, il Ghiacciaio di Indren, a quota 3.200 metri, è uno dei luoghi più emblematici, oggetto di studi sin dai primi del Novecento, grazie all’opera del glaciologo valdostano Umberto Monterin. Anche oggi questo ghiacciaio è un vero e proprio laboratorio a cielo aperto, sede di attività di ricerca e monitoraggio condotte non solo dall’Università di Torino, ma anche da altri enti, quali ad esempio l’ARPA Piemonte, la Fondazione Montagna Sicura di Courmayeur, il Sesia Val Grande UNESCO Global Geopark. Negli anni Settanta e fino alla metà degli anni Novanta del secolo scorso sul suo pendio e sull’adiacente ghiacciaio di Bors erano presenti impianti di risalita attivi anche per lo sci estivo. Il riscaldamento globale e il regresso glaciale hanno avuto un impatto anche sulle attività turistiche ed economiche. Indren, pur con una quota massima a oltre 4.000 metri di quota, attesta oggi il suo limite frontale a 3.200 metri con una risalita della quota minima di circa 250 metri dal 1927, data di inizio dei rilevamenti da parte del Comitato Glaciologico Italiano, ed un regresso lineare di circa 900 metri. Il suo rapido arretramento è testimonianza diretta della crisi che interessa l’intero arco alpino. L’iniziativa Climbing for Climate 7 (CFC7) ha scelto l’Indren come luogo simbolico per sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno che riguarda scienza, comunità locali e futuro delle Alpi.

 Allarme ghiacciai

Negli ultimi 150 anni i ghiacciai alpini hanno perso circa il 65% del loro volume complessivo, con un’accelerazione senza precedenti negli ultimi decenni. In particolare, negli ultimi 60 anni l’Italia ha perso un’area glacializzata di oltre 170 chilometri quadrati, equivalente alla superficie del Lago di Como. L’Indren, come altri ghiacciai del Monte Rosa, mostra un arretramento marcato e una riduzione di spessore di diversi metri.

Secondo le proiezioni, entro il 2050 le Alpi perderanno almeno un terzo della loro massa glaciale anche in scenari di mitigazione; negli scenari più realistici la perdita potrà raggiungere il 60-65%. Il Ghiacciaio di Indren data la sua quota elevata non pare destinato all’estinzione ma verosimilmente rischia di ridursi nei prossimi decenni a un corpo residuo non più attivo. Si nota nel corso delle ultime campagne glaciologiche un ridimensionamento anche a quote superiori a 3.700 metri e l’emersione di rocce di fondo a testimonianza di una progressiva riduzione del suo movimento gravitativo. La fusione glaciale accelera l’instabilità dei pendii, delle morene e la degradazione del permafrost aumentando il rischio di frane, crolli e laghi glaciali instabili. Nei pendii sottostanti a Indren la deglaciazione è accompagnata dalla formazione di piccoli laghi proglaciali, forme tipiche delle fasi di regresso che si ripetono a distanza di decenni a quote sempre più alte. Questi fenomeni non solo incidono sulla sicurezza di percorsi alpinistici e delle comunità a valle, ma possono rappresentare un servizio ecosistemico da gestire in modo adeguato.

Dal punto di vista del turismo sostenibile, il Sesia Val Grande UNESCO Global Geopark offre sul Monte Rosa una panoramica naturalistica e culturale in una delle aree turistiche più attraenti delle Alpi Occidentali, dal massiccio del Monte Rosa al Lago Maggiore. I partecipanti a CFC7 potranno apprezzare il valore della geodiversità: una storia di 500 milioni di anni di rocce, strutture geologiche e forme del paesaggio geomorfologico che registrano i processi che hanno deformato la crosta terrestre e formato le Alpi. I paesaggi valsesiani rivelano in particolare una registrazione dei cambiamenti climatici passati e presenti e dei loro effetti dalle glaciazioni al riscaldamento globale.

I due giorni di incontro in Valsesia dimostrano che il patrimonio geologico del Geoparco Sesia Val Grande è di grande rilevanza scientifica, economica e sociale. Il motto del Geoparco “Dove la pietra diventa cultura” è un riconoscimento dell'importanza delle rocce locali nel panorama culturale e nell’architettura. Inoltre, la cultura Walser evoca ricordi della Piccola Era Glaciale (1450-1850) e dimostra un comportamento proattivo nei confronti del cambiamento climatico, conferendo al Geoparco una prospettiva sostenibile per un maggiore turismo, impegno pubblico e attività di educazione ambientale.

L’area del Monte Rosa, dove vivono comunità alpine come quelle Walser che hanno saputo adattarsi nei secoli a condizioni ambientali estreme, ospita l'Istituto scientifico Angelo Mosso dell’Università di Torino. Inaugurato nel 1907, è situato a un’altitudine di 2.901 metri sull’altopiano periglaciale di Cimalegna. L’Istituto è intitolato ad Angelo Mosso, suo ideatore e professore di Fisiologia umana all'Università di Torino dal 1879 al 1910.

Nel 2023 l’Università di Torino ha istituito qui il “Laboratorio ad elevata complessità Istituto Scientifico Angelo Mosso”, promosso dai Dipartimenti di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini”, di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari e di Scienze della Terra. L’Istituto si occupa di studi interdisciplinari su temi cruciali tra cui fisiologia e medicina di montagna, glaciologia, meteorologia, botanica, pedologia, geomorfologia, geologia, biogeochimica, nivologia e idrologia, con particolare attenzione ai cambiamenti climatici e all'impatto sul territorio alpino.  L’Angelo Mosso, incluso nella Rete LTER Italia, si è affermato come un centro di eccellenza a livello europeo per la ricerca, l’alta formazione e la divulgazione scientifica in ambiente alpino, con un impegno marcato verso l’innovazione, la sostenibilità e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale delle montagne italiane.

Nell’autunno del 2024 sono terminati presso l’Istituto i lavori per la realizzazione del nuovo museo, a cura dell’Ateneo, grazie a un finanziamento del GAL Valsesia. I contenuti delle diverse sezioni, che spaziano dalla storia dell’Istituto, alla descrizione della figura di Angelo Mosso, agli studi sui ghiacciai, la neve e le valanghe, alla geologia e pedologia, sono stati predisposti dai Dipartimenti sopracitati ed elaborati da auroraMeccanica srl, che ha realizzato le installazioni multimediali e percorsi interattivi del museo.

Comunicato stampa

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