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Cultura | 27 febbraio 2022, 18:20

"A riveder le stelle", il regista Emanuele Caruso: "Prepariamoci al cambiamento climatico"

L'anteprima nazionale del docufilm girato in val Grande sarà a Domodossola il 2 marzo al Cinema Corso

"A riveder le stelle", il regista Emanuele Caruso: "Prepariamoci al cambiamento climatico"

A due anni di distanza dalla prima data annunciata, arriva finalmente nelle sale "A riveder le stelle", il nuovo film, dopo "E fu sera e fu mattina" e "La terra buona", del regista albese Emanuele Caruso. L'anteprima, lo ricordiamo, sarà a Domodossola il 2 marzo al Cinema Corso.

Un documentario con al centro un gruppo di 6 persone che, dopo aver lasciato le loro case, i loro telefoni e le proprie comodità, si avventura in un viaggio di 7 giorni a piedi attraverso il Parco della Val Grande, l’area naturale più grande d’Europa, oltre 150 chilometri quadrati di solo verde.

In completa autonomia, con i propri zaini e i propri pensieri, immersi in una natura primordiale e lontani dalla società che li ha plasmati, hanno il compito di trovare una risposta alla domanda: "Come abbiamo potuto permettere il cambiamento climatico e la grande crisi che ne seguirà?". Il film esce il prossimo 3 marzo (l’elenco completo delle sale in cui sarà proiettato è disponibile su https://www.obiettivocinema.com/al-cinema/).

Per l’occasione il collega Luca Sottimano di Targato Cn, ha sentito Caruso, per parlare di questo, dei suoi precedenti lavori e di cosa potrà riservagli il futuro.

Qual è stato il tuo percorso prima di "E fu sera e fu mattina"?

Ho fatto una Scuola di Cinema [il corso di regia e produzione video all’Accademia Nazionale del Cinema di Bologna] e ho girato alcuni cortometraggi per formarmi. Poi ho realizzato il documentario "Meno 100 kg": un piccolo ma importante film, prodotto dalla cooperativa Erica di Alba. Successivamente, dato che nessun produttore voleva puntare su di me, ho deciso di autoprodurmi: così è nato "E fu sera e fu mattina", girato con attori non professionisti e con un budget di 70mila euro, che considero il mio film d’esordio.

Il film è stato un vero proprio caso, ottenendo un successo insperato…

Nessuna distribuzione nazionale lo voleva all’inizio: abbiamo deciso così di farlo uscire esclusivamente ad Alba e Dogliani nel gennaio 2014, quasi per gioco, pensando di fare poche proiezioni. Il pubblico però ha continuato a venire a vederlo e alla fine è arrivato in tutte le regioni d’Italia, raggiungendo le 150 sale e i 200mila euro d’incasso. Ha inoltre ottenuto il premio F.I.C.E. (Federazione Italiana Cinema D’essai) come film indipendente dell’anno 2014. Forte di questa esperienza, ho deciso di continuare su questa strada, aprendo una mia casa di produzione ad Alba, Obiettivo Cinema, con cui ho realizzato "La terra buona". Questo film, realizzato con attori professionisti e un budget di 205mila euro, è stato venduto in 180 Paesi e da aprile sarà disponibile su Netflix. Il nostro obiettivo è crescere ancora, anche iniziando a produrre film non diretti da me: a maggio gireremo un film in Emilia Romagna diretto da Marco Righi, dal titolo "Il vento soffia dove vuole".

I tuoi film spesso mettono al centro il tema del cambiamento climatico. Da cosa nasce questo interesse?

È qualcosa di innato in me: nel Roero ho un piccolo orto e piccolo campo, mi piace lavorare la terra. Mi sono reso conto così che stiamo distruggendo il nostro Pianeta. Paragono l’uomo a un’auto che sta andando ai cento all’ora verso un muro senza rallentare. Se anche frenassimo ora, un danno lo faremo comunque, ma la verità è che stiamo accelerando. Non ci è più possibile prevenire il cambiamento, ma solo prepararci. Quest’idea è alla base di "A rivedere le stelle".

Come l’hai dunque sviluppata in questo film?

Spesso, per parlare di questo tema, i film ricorrono a dati e grafici per impaurire, per dare una scossa, che però non è mai avvenuta. Noi invece abbiamo analizzato il problema da un altro punto di vista, per capire come mai il conducente non frena. Il nostro obiettivo era interrogarci su come ragioniamo come civiltà, perché non pensiamo al futuro, e porre queste domande allo spettatore. Il Covid ha reso evidente come ci preoccupiamo di un problema solo quando è arrivato nelle nostre case. Col cambiamento climatico faremo lo stesso errore: ci penseremo solo quando l’acqua non uscirà più dal rubinetto. Ma allora non avremo più tempo di reazione: senza acqua si muore. Cerchiamo allora di prepararci.

Prima del Covid, stavi preparando un nuovo film, da girare in inglese con un cast di livello. Il progetto è ancora in piedi? Ci puoi anticipare qualcosa?

Abbiamo aspettato che la situazione sanitaria migliorasse, ma lo faremo. Il film potrà contare su un budget di 1 milione di euro, che per me rappresenta un balzo avanti importante. Al momento lo stiamo scrivendo, puntiamo a girarlo il prossimo anno. La trama tocca da vicino Alba e Torino ed è ispirata a fatti realmente accaduti.

Luca Sottimano

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