Dal 16 ottobre 2022 al 26 febbraio 2023 Casa Rusca ospita le opere di Allam Fakhour.
Nella sua ultima esposizione dell’anno, il Museo di Locarno rinnova l’impegno a voler studiare e capire i tanti drammatici risvolti della migrazione, della fuga, dell’esilio. Lo fa, questa volta, con un’esposizione significante, sia per la carica emotiva espressa dalle opere esposte nelle sue sale, sia per la straordinaria tensione che questi lavori svelano, a partire dal percorso umano dell’artista. Allam Fakhour è infatti un quarantacinquenne siriano da pochi anni residente in Svizzera, in Canton Glarona. Un approdo che è conseguenza della sua travagliata esistenza, segnata da bombardamenti, distruzioni e massacri che negli anni hanno stravolto il volto e l’anima del suo Paese d’origine, la Siria.
Terra di fertili pianure, alte montagne e deserti, incrocio di etnie, popoli e religioni che l’hanno plasmata nei secoli rendendola uno straordinario coacervo di arte e storia. Tuttavia la Siria resta macchiata da una lacerante guerra e una violenta politica repressiva che Allam ha vissuto e tuttora vive in prima persona. Ancora bambino, assiste a bombardamenti, torture e massacri, poi con l’età adulta e la successiva laurea in scultura all’Accademia di Belle Arti di Damasco, matura una consapevolezza e un conseguente impegno politico che ne segnano l’esistenza e il futuro professionale. L’arte diventa così metafora del suo percorso umano, maturata e sviluppata anche e nonostante i cinque anni di carcere nei primi anni Duemila.
L’esperienza è traumatica, in parte esorcizzata da tentativi artistici costruiti con gli unici due elementi permessi durante la reclusione: il pane e il sapone. La prova è azzardata, ma Allam riesce a donare nuova veste a quei due materie grezze, rivestendole di un rinnovato e formidabile significato: la lotta per andare avanti e la necessità di ripulire la sporcizia politica e mentale del suo Paese. Elementi cardine di una produzione che l’artista perseguirà dopo la liberazione, nel 2011, una breve parentesi prima di spiccare il volo due anni dopo verso il Libano e raggiungere nel 2015 la Svizzera. Il percorso è tormentato, solo in parte agevolato da un programma ONU per i rifugiati.
L’arrivo in Occidente non è l’approdo salvifico, ma l’inizio di una riflessione, forse più matura e consapevole, sulla propria esistenza, la vita, gli incontri, ma anche e soprattutto sugli intramontabili temi della migrazione, della fuga, dell’esilio che in Allam si intrecciano e sovrappongono al proprio percorso umano e professionale, fatto appunto di un realismo-espressionismo da lui realizzato e concretizzato in “volti” dove emergono tristezza e dolore, solitudine e smarrimento, paura e attesa: sentimenti che riflettono le dure immagini legate alle uccisioni, ai crimini, alle armi, alle esplosioni, ma anche alla perdita di fiducia nel futuro, alla memoria malinconica e triste, alla passione di incarnare tutto ciò che è nuovo, a partire da quella Svizzera che ha saputo accoglierlo e donargli nuove speranze e opportunità.
Così le opere dell’artista ripercorrono quel tracciato fatto di presente e memoria, ben impressa nei tanti “volti” che caratterizzano la sua produzione artistica, immagini segnate da paure, tristezze e silenzi. Quei sentimenti che Allam attribuisce da un lato all’ignoto e a ciò che rappresenta l’avvenire, il futuro, prossimo e remoto, ma anche alla malinconia per il distacco dalla propria terra, dai propri cari. Un mix di sentimenti e sensazioni che urlano in faccia allo spettatore con quanta voce strozzata hanno in gola.
Le opere di Allam sono infatti riflesso della sua vita, uno straordinario concentrato di sofferenze, patimenti, illusioni e speranze, dall’infanzia ad oggi, con l’arrivo e lo stabilirsi in una nuova terra che non è punto di approdo, ma tappa di un percorso che deve essere ancora scritto. Partendo da quella carta, il materiale da lui utilizzato per le alcune sue opere e per l’installazione Tenda, strumento fragile come l’anima umana che, nonostante la sua debolezza, è tuttavia in grado di sopportare e pazientare, adeguandosi ai tormenti del vagare e del patire. Il destino che accomuna i tanti profughi di guerra, spesso costretti a un percorso duro e senza meta, che deve fare i conti con un’ospitalità che, spesso riconosciuta come temporanea, non sempre considera competenze e desideri personali.
Questo dunque è il percorso di Allam Fakhour e della sua “arte sotto sequestro” che fatica a liberarsi dalle catene dell’oppressione, della violenza e della guerra, le tante e innumerevoli sfaccettature di conflitti umani e individuali ancora vissuti dall’artista in prima persona. In parte esorcizzati nel colori scuri che scorrono senza continuità sulla carta e sulla tela come sangue versato sul muro di una cella, in scene surreali e ripetitive senza soluzione di continuità e che tutt’ora si ripetono in Siria. Terra fragile, debole, ma dalle straordinarie potenzialità che attendono soltanto di uscire allo scoperto per dare nuova linfa e vigore a vite ancora oggi sotto sequestro.
NOTA BIOGRAFICA
Allam Fakhour nasce nel 1977 a Salamiyya, una cittadina situata nel Governatorato di Hama. Vive sia l’infanzia che l’adolescenza in un mondo segnato dalla guerra e dai bombardamenti. Infatti la Siria, già nel febbraio del 1982 subisce il Massacro di Hama. Tuttavia, in questo contesto, Allam riesce comunque ad assorbire il rinnovato clima culturale e artistico che contraddistingue il suo paese. Cresce in lui una forte passione per l’arte che lo spinge ad intraprendere gli studi alla Facoltà di Belle Arti dell’Università di Damasco, laureandosi nel 2003, con una specializzazione in scultura. Una volta conclusa la sua formazione Allam inizia ad insegnare scultura all’Istituto d’Arte di Damasco. Inizia così la sua carriera come scultore, oltre che come pittore, serigrafo e scenografo. Oltre ad esercitare la sua professione d’artista, Allam Fakhour è anche un attivista politico. È infatti uno dei fondatori, nel 2006, del gruppo Shams Gathering, un movimento volto ad attività ed iniziative a sostegno della libertà e della libera espressione. Lo scopo di questo movimento è quello di porre fine alla dittatura. A seguito della pubblicazione di alcuni testi a sostegno di questa causa, il gruppo verrà scoperto dall’intelligence siriano e quindi incarcerato. Durante la sua reclusione, durata cinque anni, nella prigione di Saydnaya, Allam Fakhour subisce torture fisiche e psicologiche e gli è severamente vietato esercitare qualsiasi forma d’arte. Nonostante questo divieto, non riuscendo a tenere a freno la sua indole creativa, inizia a realizzare con pane e sapone delle sculture. Due anni dopo la scarcerazione Allam Fakhour decide di trasferirsi a Beirut dove apre un nuovo atelier. Da questo momento inizia anche a lavorare come scenografo per un’azienda di produzione cinematografica. Sempre nel 2013, l’artista presenta domanda all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), e ottiene nel 2015 asilo in Svizzera. Oggi Allam Fakhour vive nel Canton Glarona e dal 2021 segue corsi di educazione artistica all’Università delle Arti di Zurigo (ZHdK). Esercita sempre la sua professione d’artista partecipando a mostre (Hard-Cover Art Gallery, Zurigo, 2019) ed eventi artistici (Art Basel, 2019).
Informazioni e tariffe https://museocasarusca.ch/
Museo Casa Rusca Piazza Sant’Antonio 1, 6600 Locarno
16 ottobre 2022– 26 febbraio 2023 Sabato 15 ottobre 2022, ore 17.30
Martedì - Venerdì 10.00-12.00 / 14.00-17.00 Sabato, domenica, festivi 10.00-17.00 Lunedì chiuso
(Foto Cosimo Filippini)