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Turismo | 23 giugno 2023, 11:45

Pietre in equilibrio, dagli “ometti” di montagna alla Land Art

Da tempo è sempre più frequente vedere, leggere o sentir parlare di “pietre in equilibrio”

Pietre in equilibrio, dagli “ometti” di montagna alla Land Art

Le pietre impilate hanno diversi significati. Alcuni sono oggettivi. Altri, più fantasiosi ma non meno interessanti, sono soggettivi tanto che ognuno che ci si imbatte, o si prodiga nel realizzarle, può attribuirgli il suo.

Tra i motivi oggettivi si va dalla semplice, ma tutt’altro che banale, indicazione della direzione da seguire in montagna con quei piccoli cumuli di pietre posti ai margini di sentieri di difficile individuazione, al culmine dei valichi o delle cime, in mezzo a pascoli uniformi o tra il deserto di pietre dei macereti, dei ghiaioni o dei conoidi detritici dove la direzione da seguire, o la scelta del cammino meno faticoso, è indicato proprio da questi piccoli cumuli di pietre dalla forma vagamente antropomorfa (da cui la definizione di “ometti”).

Qualcosa di simile la troviamo anche in luoghi remoti come nella tundra del Circolo Polare Nordamericano dove, sculture rudimentali denominate inukshuk fatte di pietre impilate, erano usate dagli Inuit ed altre popolazioni indigene come punto di riferimento su colline e montagne per guidare i viaggiatori.

Anche nelle Ande ritroviamo simili manufatti chiamati localmente apachita che venivano costruiti ai margini delle strade o più spesso sui valichi andini a cavallo dei due versanti come offerta generalmente a Pachacamac quale richiesta di protezione per i pericoli del viaggio.

Qualcosa di analogo lo si rintraccia anche in Irlanda e Scozia dove questi tumuli di pietre, in gaelico chiamati cairn, erano usati nell’antichità per contrassegnare i luoghi di sepoltura dei defunti. Ma la presenza di questi cairn si riscontra sorprendentemente anche in tutta l’Africa Settentrionale ed in Asia dove in particolare in India e nel Tibet gli attuali “stupa” sembrano esserne una derivazione. Oltre ad una funzione funebre questi cairn sono sovente utilizzati come punti di riferimento esattamente come i nostri più conosciuti ometti.

L’edificazione e la manutenzione di questi “ometti” è lasciata ai frequentatori di quei luoghi in gran parte ostili nei quali si trovano e sono la confortante testimonianza del passaggio di persone in territori abitati solo dal silenzio e dalla fauna selvatica.

L’uso del termine “ometto” ha generato anche alcuni casi di toponomastica che possiamo trovare nella Cima d’Ometto in Valsesia sul cui culmine è costruito un enorme ometto e al Colle dell’Ometto presso l’Uja di Mondrone. 

L’imponente ometto che caratterizza la Cima d’Ometto in Valsesia (ph. Mauro Carlesso)

Sempre in montagna si ritrova un’altra motivazione oggettiva dell’uso delle pietre. Nelle zone deputate a pascoli ed alpeggi questi ometti assumono dimensioni assai importanti perdendo la loro funzione di indicare la direzione di un cammino acquisendo quella di testimone della sopravvivenza umana. Questi cumuli di pietre così frequenti in luoghi ora bucolici sono il risultato del secolare spietramento dei pascoli alpestri. Si tratta di cumuli di sassi che testimoniano una storia antica fatta di fatiche oggi inimmaginabili per strappare al bosco o ad un pendio ghiaioso anche un piccolo fazzoletto di terra sul quale poter far pascolare anche solo un bovino in più. Quel bovino che magari faceva la differenza tra la fame e la rinuncia e la sopravvivenza e la resistenza.

Ma è nelle motivazioni soggettive che le pietre impilate possono esprimere il loro più curioso ed interessante potenziale.

Negli ultimi anni ad esempio, vengono promosse come forma artistica effimera (Land Art) e vanno sotto la più specifica definizione di "pietre in equilibrio"(Stone balacing).

La ricerca dell’equilibrio delle pietre richiede pazienza ed umiltà consentendo all’esecutore (Balancer) di immergersi completamente in sé stesso allontanando, per il tempo utile alla costruzione del manufatto, la perdita della nozione temporale.

In particolare è un po' come una disciplina mentale che spinge il performer ad instaurare ed alimentare la percezione tra se e la pietra da sistemare in precario ma stabile equilibrio.

“Sassi e pensieri marini” a Noli - Balancer Mauro Bellini (ph. Emi Bellini)

In questi casi le pietre impilate presuppongono elementi di ricerca di sé stessi e dell’equilibrio interiore (in particolare nella filosofia Zen. Ma avere a che fare con delle pietre da impilare in equilibrio precario consente anche di riscoprire il sentimento ancestrale dell’effimero, dell’impermanenza e, fondamentalmente, della precarietà della vita.

Ed in quest’ottica è curioso osservare come popoli diversi, in epoche storiche e aree geografiche molto distanti tra loro, abbiano adottato la stessa pratica seppur accostandosi con motivazioni diverse sia oggettive che soggettive: dagli ometti per indicare la strada, alle offerte per ingraziarsi la benevolenza degli dei, dal culto dei defunti fino alla contemporanea ricerca della propria essenza. Impilare sassi oggi come allora, sembra quasi dimostrare l’atavico rapporto che l’uomo ha sempre avuto con le pietre fin dalla sua comparsa sulla Terra. 

Sul lago d’Antrona – Valle Antrona- Balancer Mauro Bellini (ph. Emi Bellini)

Anche nel mio giardino ho posizionato alcune pietre in equilibrio con le motivazioni puramente soggettive poc’anzi descritte ma anche perché mi ricordano l'amata montagna.

Sono costituite da sassi, tendenzialmente in numero di sette, che in alcuni casi hanno anche un'origine particolare (ad esempio in un ometto l’elemento culminante è un sasso piatto della spiaggia nera di Nonza in Corsica). 

Al termine di questa breve incursione nel mondo delle pietre impilate mi si potrebbe chiedere: “…tutto qui?” Si, tutto qui sarebbe la mia risposta, ma tutto bello, gradevole, piacevole ed alle volte, anche solo nella loro semplice osservazione, emozionante. Nonostante quel che si osserva siano solo sassi.

Ma sassi che c'erano prima di me e che resteranno per sempre dopo di me. Ed in mezzo a questo prima e a questo dopo ci sono io che questi sassi li ho cercati, raccolti ed impilati.

Ci sono io ad osservarli e ad amarli come tutto ciò che compone il Creato, in uno slancio panteistico confortante, rassicurante e pacificante per me e per tutti gli esseri umani di cui c'è sempre più bisogno.

Oggi come non mai. 

In giardino (ph. Mauro Carlesso)

Mauro Carlesso Scrittore e camminatore vegano

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