Calcolato il volume di roccia franata il 26 dicembre scorso al Colle delle Locce sopra Macugnaga: è di circa 350.000 metri cubi.
Lo scrive Arpa Piemonte sul suo sito, ripercorrendo la storia della frana del 26 dicembre 2024, quando uno sperone roccioso è franato a ridosso della cresta spartiacque con la Valsesia, 200 m a nord-ovest del Colle delle Locce.
Scrive Arpa: ‘’Sono stati così misurati i principali parametri dimensionali della nicchia (175 m di lunghezza, 100 m di larghezza, profondità media di 20 m, con punte di 50 m) e ne è stato calcolato il volume di roccia venuto a mancare in seguito al crollo: circa 350.000 metri cubi. , Le analisi condotte hanno consentito una caratterizzazione speditiva ma di dettaglio, condivisa con l’amministrazione comunale di Macugnaga e i settori regionali competenti in materia. La frana si è quindi allungata sul sottostante ghiacciaio Settentrionale delle Locce e, dopo averlo superato lungo tutta la superficie, ha raggiunto la sponda meridionale del lago omonimo, dopo aver percorso circa 2,2 km (planimetrici) e circa 1100 m di dislivello. Il materiale di crollo si è accumulato in parte al piede della nicchia, dove si osservano blocchi plurimetrici, e poi verso valle dove si è distribuito in maniera irregolare, colmando le ondulazioni del ghiacciaio e del versante; nel crollo sono state erose le porzioni superiori del ghiacciaio per cui una parte, non quantificabile, di ghiaccio si è unita al materiale roccioso franato. In prossimità del lago delle Locce si riconosce un deposito più continuo, esteso per circa 500 m e largo 150/200 m. Tale deposito entra di circa 20 m all’interno dell’estensione del lago’’.
‘’Per quanto possa sorprendere l’attivazione di una grande frana di crollo in alta quota in inverno – aggiunge Arpa - bisogna ricordare che si tratta di una fenomenologia non isolata: proprio a poche centinaia di metri di distanza, nel 2015 si era prodotta un’altra grande frana di crollo, occorsa il 16 dicembre. In questo caso la nicchia era impostata sotto la Punta Tre Amici e l’accumulo, dopo aver percorso i ripidi canali sottostanti, si è allargato sullo stesso ghiacciaio Settentrionale delle Locce, raggiungendo analogamente il lago delle Locce. Il crollo del 26 dicembre rappresenta l’ultimo evento di instabilità di un’area caratterizzata da una spiccata dinamica ambientale; in particolare, guardando agli ultimi decenni e con rapidità crescente nel nuovo secolo, la copertura glaciale dell’intera conca dominata dal Monte Rosa ha subìto una riduzione areale, ma soprattutto volumetrica, impressionante, liberando estese aree di roccia e detrito. La rapidità e l’intensità delle trasformazioni in atto hanno determinato l’attivazione di una varietà di processi d’instabilità, che qui riassumono l’intera gamma dei fenomeni peculiari degli ambienti glaciali e periglaciali. Lo stesso crollo del 26 dicembre 2024 si è prodotto in un’area di recente deglaciazione: alla base dello sperone crollato, il ghiacciaio Settentrionale delle Locce ha perso circa 20 m di spessore dal 2010, scoprendo le rocce. Senza più protezione, si ipotizza che il calore estivo abbia iniziato ad entrare sempre più in profondità, accelerando i processi di fusione del ghiaccio interstiziale presente nelle fratture della roccia. Queste dinamiche, che vanno sotto il nome complessivo di degradazione del permafrost, sono riconosciute a livello globale come una delle principali cause dell’instabilità alle alte quote’’.