Quando Bruno Raschi scriveva di Germano Barale.....
Non potevi entrare a casa sua e non parlare di ciclismo. Ti salutava e poi ti ''investiva'' di commenti sul Giro d'Italia e sul Tour che seguiva immancabilmente in tv, ma anche su questo o quel ciclista in fuga. Un'enciclopedia delle due ruote. Una passione di ferro, una grinta identica a quella che metteva in corsa. Questo era Germano Barale, che si è spento ieri sera a Villadossola, nella sua casa di Murata, la frazione attaccata alla Lucciola. Era nato il 22 novembre 1936 e a soli 20 anni esordì tra i professionisti nella ''San Pellegrino Sport'', dopo aver vestito da dilettante le maglie del ''Verbania'' e del ''Pedale Ossolano Luoni''.
Il suo primo direttore sportivo fu Gino Bartali. Una lunga carriera la sua: 8 giri d'Italia, 3 di Francia, 5 di Svizzera, 4 giri del Ticino, due di Sardegna, tre Parigi-Nizza, 7 giri di Lombardia, 8 Milano Sanremo e 4 Parigi-Roubaix e Parigi-Bruxelles. Ma anche la Freccia Vallone, la Liegi-Bastogne-Liegi ed altre classiche italiane. 'Mano', come lo chiamavano tutti, era stato anche Campione Italiano con la squadra della ''Carpano''. Ma soprattutto deve la sua fama perché diventò il gregario preferito di Fausto Coppi, che nel 1958 lo volle al suo fianco, nella ''Bianchi'' , assieme a Giuseppe 'Pino' Barale, suo fratello, che fu nel 1955 campione italiano dilettanti. Mano stimava Coppi ed era ricambiato.
Bruno Raschi, uno dei migliori giornalisti di ciclismo, scrisse spesso bene di lui citando anche in un suo libro ''quel corridorino piccolo, ilare e svelto come un Pulcinella, ma che ci pareva il ritratto ingrandito della provvidenza. Un portatore di acqua brevettato, il Gungadin del Giro'' .
Una passione quella delle due ruote trasmessa al figlio Florido, pure lui diventato professionista, e nella nipote Francesca. Ora il destino ci porta via un protagonista di quel ciclsmo d'altri tempi che con la sua morte si spegne ancor di più, malinconicamente.