Si trova esposto nella sala dedicata al Tempo del Museo Poldi Pezzoli di Milano, l'astrario di Giovanni Dondi dall'Orologio ricostruito da Guido Dresti di Craveggia. Non è la prima volta che questo complesso orologio astronomico, vero e proprio gioiello di meccanica di precisione, lascia l'ambiente casalingo dov'è nato per essere ammirato dal grande pubblico.
Le prime due volte avvenne a Craveggia nell'ex orfanatrofio Guglielmi di proprietà del Comune, in occasione di una mostra degli strumenti astronomici del passato ricostruiti dal Dresti. Ed era il 2013. A presentare l'evento una relatrice di eccezione: Marisa Addomine esperta a livello internazionale di Orologeria antica e moderna, collaboratrice di Università e Musei oltre che autrice di numerosi saggi sulla materia. A quella mostra Dresti legò un primo catalogo redatto assieme all'amico domese Rosario Mosello storico della gnomonica. La seconda sempre a Craveggia (ancora nell'ex orfanatrofio Guglielmi), fu nel 2015 in occasione del XX° Seminario nazionale di Gnomonica, evento che portò a Druogno e in valle quasi un centinaio di esperti di meridiane provenienti da tutt'Italia ed alcuni anche dall'estero. Inutile dire che quella collezione riscosse un giusto successo. I pezzi esposti superavano la cinquantina; frutto di anni di paziente e scrupoloso lavoro di fine meccanica ed incisione legato però ad una non comune conoscenza dell'astronomia divenuti ormai l'hobby per eccellenza del Dresti.
Quindi la fama di questi lavori e soprattutto dell'astrario, varcati i confini della valle e della provincia, fece si che Dresti fu invitato ad esporre il suo capolavoro in un luogo emblematico: il castello Visconteo di Pavia, in quegli stessi spazi della biblioteca Visconteo-Sforzesca dove fu utilizzato dal '300 per quasi un secolo l'originale astrario di Giovanni Dondi. La presentazione avvenne il 12 novembre 2017. La mostra dal tema: "L'Universo ad orologeria" prevista per durare un paio di mesi, visto l'interesse suscitato dall'opera di Dresti, fu protratta fino alla fine di maggio del 2018. Ed ora il capolavoro è esposto al Poldi Pezzoli. Ad onor del vero, quest'ultimo evento era stato previsto già lo scorso anno, ma la pandemia ha fatto rinviare sino a questo maggio il trasporto e l'esposizione dell'astrario.
La mostra al Poldi Pezzoli (13 maggio - 27 settembre 2021) dal titolo "La forma del tempo" a cura di Lavinia Galli, vede oltre alla ricostruzione di Dresti, altri oggetti legati all'astronomia e al tempo. Comprende altre sezioni con sculture, codici e dipinti di Tiziano, Bernini ed altri eccellenti artisti. La mostra è incentrata su preziosi orologi notturni italiani del '600 opera dei fratelli Giuseppe, Matteo e Pietro Tommaso Campani ideati per il Papa Alessandro VII Chigi. Molti i curatori del catalogo edito da Skira. Questo evento conta numerosi partner di vaglia tra cui Hora, l'Associazione Italiana Cultori di Orologeria Antica con sede a Milano di cui Dresti è membro.
L'astrario
Si tratta di un orologio planetario molto complesso, insieme meccanico di ruotismi mossi da un contrappeso quale motore primo che aziona molteplici ingranaggi nascosti da una linea di sette facce contigue che indicano la posizione di sole, luna e dei cinque pianeti allora conosciuti. Rappresenta la visione dell'universo secondo la concezione Tolemaica (che poneva la terra fissa al centro dell'universo che le ruotava attorno) con l'indicazione di giorni e relativi santi (allora erano pochi), le feste del calendario e le eclissi. L'originale di Giovanni Dondi non esiste più; fortunatamente "l'orologiaio di Chioggia" (come veniva chiamato il Dondi) aveva lasciato tutte le istruzioni in un testo descrivendone in modo particolareggiato modalità e criteri costruttivi.
Guido Dresti dalle meridiane portatili e gli astrolabi sino all'astrario.
Dresti aveva iniziato negli anni '90 (oltre a realizzare con chi scrive diversi orologi solari) a creare piccole meridiane portatili e riproduzioni funzionali di strumenti astronomici di vario genere utilizzando l'ottone. Una decina di anni fa, essendo in piena fase operativa per realizzare astrolabi, cercava in ogni dove riferimenti per le ricostruzioni di questi strumenti. Navigando su internet rimase colpito dalla copertina di un testo che raffigurava un astrolabio. Una volta acquistato il volume, visto che di astrolabi parlava ben poco lo lasciò da parte. Tempo dopo, visitando in compagnia della figlia Claudia il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, vide l'astrario ricostruito negli anni '60 da Luigi Pippa orologiaio milanese. Allora collegò questo strumento con le immagini del libro accantonato e tornato a casa, dapprima lo sfogliò, poi lo studiò, si appassionò a tal punto che pian piano in oltre due anni di tempo riuscì a realizzarlo. Prima con un modello in legno e poi quello definitivo in ottone. Non potendo disporre in casa di grandi spazi e attrezzature industriali, lo riprodusse in proporzione di due terzi dell'originale. Dresti ha così realizzato uno strumento, che oltre ad essere perfettamente funzionante, lascia stupiti per le dimensioni e la complessità. Certamente è questa l'opera più emblematica tra le molteplici che ha riprodotto. Questi strumenti geniali del passato indicavano il susseguirsi dei giorni e delle stagioni, il tempo insomma. Quel tempo che oggi pare così banalmente scontato tra cellulari e cronometri, ma che anticamente scandiva ritmi più "umani". Inoltre alcuni di essi erano strumenti indispensabili per orientarsi in mare utilizzando unicamente il sole e le altre stelle fino ai satelliti, quest'ultimi "quelli veri". E l'Astrario che dava la posizione degli astri nel cielo consentiva agli astrologi valutazioni sul destino degli uomini; azioni a cui neanche i potenti si sottraevano prima di importanti decisioni.
C'è da augurarsi che tutti questi oggetti di Dresti (compreso l'astrario di cui esistono al mondo meno di dieci ricostruzioni e tutti nei più importanti musei),"uscendo dal suo seminterrato domestico" trovino meritatamente una collocazione nello stesso villaggio di Craveggia in un luogo idoneo tale da potersi esporre al pubblico in modo permanente. Costituendo un unicum del genere come pregio e consistenza, sarebbero un polo di attrazione per appassionati del settore non solo italiani. Alla fine sarebbero un vanto per Craveggia e dell'intera Val Vigezzo, da sempre terra di artisti e persone geniali ai quali va ascritto (e non da oggi) pure Guido Dresti.