L’ammissione dei fatti accaduti. Le scuse. La disponibilità a risarcire il danno. Ma anche questioni "tecniche " come la mancanza, nel 'fascicolo processuale', di elementi che potessero ‘confermare’ il danno subìto dal giocatore del Varallo, come l'assenza delle stesse riprese tv e di un semplice referto medico.
Sono alcuni dei passi della sentenza con cui la Corte sportiva d’appello (presidente Paolo Adolfo Pavarini) ha sminuito, riducendola notevolmente, la sentenza del giudice sportivo di Torino che aveva inflitto ben 5 anni a Niccolò Falcioni, terzino della Juventus Domo, colpevole di aver dato una gomitata al volto di un giocatore della Dufour Varallo. Causandogli danni ai denti.
La Corte, com’è noto, ha accolto il reclamo di Falcioni e ‘tagliato’ notevolmente la sanzione inflitta dal giudice sportivo territoriale: una squalifica di 5 anni con l’invito a radiarlo a vita. Linea dura sulla quale il giudice sportivo di Torino pare si stia incanalando con squalifiche ‘super’: vedi quella appena inflitta al capitano dell’Omegna (14 giornate) o a Primatesta (Villa) 6 giornate (già scontate).
Ma la Corte tende a rivedere queste sanzioni super, a meno che nel 'processo' non ci siano prove che confermino le condotte violente.
Dicevamo della sentenza Falcioni, che deve restare fermo 1 anno e non più 5. Marco Ferrero, avvocato difensore del giocatore granata, ha puntato nel ricorso su due motivi per impugnare la sentenza di primo grado. E la Corte di appello lo rimarca. Il primo elemento è che al di là che ci fossero immagini tv ‘’riprese televisive non meglio precisate e individuate’’ queste ‘’non erano acquisite al fascicolo, il che ha impedito un’adeguata difesa (di Falcioni ndr)’’.
Poi, la Corte scrive che ‘’le conseguenze del gesto sanzionato sarebbero state meramente ipotizzate e non suffragate da alcun referto medico’’. Insomma: manca la ‘carta’ sanitaria che indichi i danni effettivamente arrecati .
La Corte poi scrive come ‘’la sanzione (i 5 anni ndr) sia del tutto sproporzionata’’ e ‘’non avrebbe dunque alcun carattere rieducativo’’.
A favore dell’accoglimento del ricorso la Corte riporta anche ‘’le scuse - a voce e scritte - trasmesse al Varallo e la disponibilità a concordare e risarcire il danno’’.