/ Attualità

Attualità | 07 maggio 2025, 19:35

''Le alluvioni degli anni passati hanno aiutato a mitigare il rischio idrogeologico''

Nostra intervista al geologo Marco Cattin, dopo il maltempo che a metà aprile ha causato danni in Ossola

Il Toce in piena; nel riquadro Marco Cattin

Il Toce in piena; nel riquadro Marco Cattin

Un'ondata di maltempo particolarmente intensa ha interessato il Piemonte tra il 15 e il 17 aprile scorsi. Secondo Arpa Piemonte, le precipitazioni cumulate hanno superato diffusamente i 100 mm, ma i massimi si sono registrati nelle aree montane, tra cui anche il Verbano Cusio Ossola, con picchi oltre 550 mm.

Fenomeni non nuovi per l’Ossola, soprattutto, terra che ha visto in passato diverse alluvioni, alcune anche con morti. Fenomeni dunque che si ripetono e sui quali abbiamo chiesto il parere a Marco Cattin, esperto geologo ossolano con studio a Domodossola.

Marco Cattin, l’Ossola per la sua conformazione è soggetta a questi eventi, perché?

‘’Vi sono molti fattori che determinano il verificarsi di questi eventi, in primis la presenza delle Alpi che rappresentano un ostacolo alle perturbazioni settentrionali con conseguenti nevicate invernali assenti, spesso abbondanti nel territorio elvetico, ma d’altro canto frequentemente si creano celle temporalesche che coinvolgono enormi masse d’aria instabili generate da masse d’aria umida e calda, provenienti da Sud, che in corrispondenza delle Alpi, si sollevano determinando nelle valli forti correnti ascensionali e venti improvvisi e fortissimi. Si crea una sorta di enorme camino che contemporaneamente vede il risucchio, con venti intensissimi, di aria calda da basso e violente precipitazioni dall’alto, con ingenti quantitativi d’acqua e la condensazione avviene in tempi rapidi con lo scatenarsi di pioggia violenta, temporali, raggiungendo anche 300 – 500 mm di pioggia in poche ore, spesso accompagnata da grandine e intensi fenomeni elettrici: quest’ultimi sono generati dalla elettrizzazione che le nubi subiscono dai forti venti presenti durante il temporale. Siamo sempre più di fronte ad eventi estremi di tipo mediterraneo, con un contesto climatico predisposto agli eccessi dove vi è la combinazione di mari sempre più caldi con flussi umidi. 

Non deve sorprendere la mancata stagionalità degli eventi, un tempo confinata nel periodo autunnale mentre ora frequente anche in primavera, estate, inverno; ciò implica il sottoporre il terreno ad una quantità d’acqua anomala. I terreni  quando sono investiti da correnti d’acqua si saturano sino a grande profondità, diventando plastici e generando dissesti spesso con il contributo di piante d’alto fusto, poiché le loro radici non possono più trovare appiglio in un terreno cosi deformabile o perché in cattivo stato di conservazione. Questo fenomeno viene tanto più accentuato ove il terreno è in pendenza ed anche perché i nostri terreni sono per lo più costituiti da morene glaciali o detrito di falda poggiante sulla roccia''.

Questa volta ha piovuto molto di più che nel 1978, anno della alluvione vigezzina che però era  costata dei morti. Il territorio ha retto meglio?     

‘’L’evento alluvionale del 7-8 agosto 1978 nelle valli dell’Ossola rappresentò, un vero banco di prova per le strutture tecniche della Regione Piemonte; a seguito di ciò inoltre, si rese necessario strutturare servizi tecnici di previsione e prevenzione. A distanza di anni quello che avvenne nell’agosto 1978 e successivamente nell’Ottobre 2000 rappresentano eventi di riferimento per le valli ossolane.

Nel tempo si è molto sviluppata la prevenzione e le previsione degli eventi, infatti mediante l’Atlante delle Piogge Intense, che su base statistica ha utilizzato tutta la base dati disponibile comprensiva delle stazioni storiche del Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale funzionati dal 1913 al 2002 e delle stazioni della rete regionale realizzata a partire dal 1987, si possono effettuare studi idrologici dettagliati e quindi calcoli previsionali delle portate finalizzati alla progettazione di opere idrauliche da realizzare per la difesa degli abitati e per la mitigazione del rischio idraulico.

 Inoltre la Regione Piemonte elabora modelli di previsione meteorologica che si traducono poi nei bollettini di allerta che vengono diramati dal Centro Funzionale Regionale, il cui compito è quello di valutare e monitorare le possibili criticità dovute a fenomeni naturali che possono verificarsi in forma più o meno gravosa sul territorio regionale, determinando effetti sul territorio stesso e situazioni di rischio per le popolazioni residenti. La finalità è quella di fornire un servizio continuativo per tutti i giorni dell'anno e, se del caso, su tutto l'arco delle 24 ore giornaliere, che sia di supporto alle decisioni delle autorità competenti per l’emanazione delle allerte e per la gestione delle attività di prevenzione e di contrasto in emergenza, nonché assolva alle necessità operative del sistema nazionale di protezione civile. Non si dimentichi poi l’aiuto fondamentale del volontariato nelle fasi di allerta per il monitoraggio e soccorso’’.

Certi fenomeni come frane ed esondazioni sono inevitabili o sono stati fatti lavori in questi anni che hanno aiutato a proteggere infrastrutture  e abitati?

I Comuni nei Piani Regolatori hanno suddiviso il loro territorio in zone di pericolosità (inserite anche nei Piani di Protezione Civile) e di idoneità all’utilizzazione urbanistica partendo dalla Banca Dati Eventi del Piemonte, che contiene informazioni relative ai fenomeni geo-idrologici particolarmente significativi, dai più recenti a quelli storici. I dati derivano da rilievi dei processi di instabilità naturali sui corsi d'acqua e sui versanti effettuati a partire dalla fine dal 1970 e di dati storici tratti da documentazione archivistica, fonti specialistiche, pubblicazioni scientifiche, articoli di giornale, cronache locali e perizie tecniche. L'archivio contiene migliaia di informazioni relative ai principali eventi alluvionali e ai numerosi eventi di minor intensità verificatisi in un arco temporale tra il 1700 ai giorni nostri; l'aggiornamento dei dati viene effettuato in occasione di ogni evento alluvionale. Inoltre si utilizzano dati che indicano le aree potenzialmente inondabili differenziate in funzione dei tempi di ritorno e del tipo di materiale depositato. Anche in questo caso è stata fatta una meticolosa analisi dei documenti storici di archivio ed un sistematico studio interpretativo delle aerofotografie, effettuate periodicamente sul territorio piemontese fino agli anni '90, grazie ai quali è stato possibile individuare le aree alluvionate e/o allagate lungo i corsi d'acqua con indicazioni sulle frequenze dei fenomeni negli ultimi 100 anni individuando il tipo di materiale depositato durante l'evento di piena.

Sempre gli stessi Comuni predispongono i cronoprogrammi delle opere, volte a mitigare e possibilmente ad eliminare il pericolo delle zone più delicate del territorio, in un ottica di prevenzione dei rischi naturali quindi partendo dal concetto che bisogna lasciare i territori pericolosi ed occorre togliere le strutture che si trovano in luoghi non idonei perché pensare di risolvere alcune criticità con nuove opere di protezione non sempre è possibile. Bisogna pensare che le opere svolgono spesso una mera opera di mitigazione e non possono proteggerci completamente. Il disastro del Vajont (09.10.1963) ci ha impartito una lezione su cui ancora oggi, dopo più di sessant’anni, si continua a riflettere’’.

Renato Balducci

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A MARZO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore