Nell’ambito dell’astensione dal lavoro nazionale indetta da Filctem-Cgil, Flaei-Cisl, Uiltec-Uil, anche i 2100 addetti piemontesi di Enel incrociano le braccia per protestare contro la politica del nuovo management che rischia di dare il “colpo di grazia” a una delle più importanti aziende del Paese.
Piano industriale inadeguato e dannoso; carenze negli investimenti; tagli indiscriminati al costo del lavoro; esternalizzazione di attività core e peggioramento delle condizioni di lavoro per i 30 mila dipendenti italiani di Enel, di cui 2135 in Piemonte: sono queste le ragioni più importanti alla base dello sciopero generale indetto per l’8 marzo da Filctem-Cgil, Flaei-Cisl, Uiltec-Uil nazionali e che coinvolgerà anche la nostra regione.
Secondo i sindacati, l’azienda vuole esternalizzare attività elettriche affidandole alle imprese appaltatrici con possibili rischi di ricadute sulla sicurezza del lavoro ed un aumento degli incidenti da elettrocuzione, vuole modificare l’orario del lavoro per le realtà operative senza un adeguato piano di assunzioni, vuole ridurre lo smart working andando a peggiorare i tempi di vita di migliaia di lavoratrici e lavoratori. Inoltre, gli investimenti per le fonti rinnovabili passano dai 5,5 miliardi (stanziati nel 2023) a 2,9 miliardi di euro nei tre anni successivi. Non c’è traccia di investimenti nel settore idroelettrico né sulla geotermia. C’è un generico impegno per la realizzazione di impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo (batterie).
Si pretende di vendere prodotti di mobilità elettrica, impianti tecnologici, contratti di luce, gas e fibra telefonica senza un adeguato numero di personale. Le manutenzioni delle sedi, specialmente nelle realtà territoriali, sono di fatto assenti e ci sono problemi che da mesi aspettano risposte.
“Non scioperiamo per rivendicare aumenti salariali – spiegano i segretari regionali di Filctem-Cgil, Flaei-Cisl, Uiltec-Uil, Paolo Parodi, Marco Luigi Rinaldi, Michele Broggio – ma perché siamo preoccupati per la direzione che sta prendendo l’Azienda. Enel pare intenzionata a indietreggiare, tornare al passato, anziché guardare al futuro. Non sembra avere nessun piano industriale di sviluppo e creazione di valore, nessuna idea su come affrontare il superamento del fossile e la messa a terra delle nuove tecnologie green. Non può essere il mercato a dettare le strategie operative di Enel, ma la responsabile direzione di un grande player internazionale con la mission vera di erogare un servizio di pubblica utilità per i cittadini. Mai, come adesso, il malcontento è diffuso in tutte le società del gruppo e coinvolge operai, impiegati e quadri”.
Dei 2135 addetti piemontesi di Enel, più della metà (1093 lavoratori), opera in provincia di Torino. Altri 319 in provincia di Cuneo, 229 nel Verbano-Cusio Ossola, 178 a Novara, 142 ad Alessandria, 69 a Vercelli, 61 ad Asti e 44 a Biella.